Senz’arte né parte
PREMESSA
by MAURO ORLETTI
L’unica cosa sulla quale concordano le differenti versioni della storia è la data: 14 giugno 1935. Per il resto ognuno la racconta a modo suo. Non sarà il più attendibile, ma a noi piace il modo in cui la racconta Dan Frank.
C’è Breton che cammina in boulevard Montparnasse. C’è Il’ja Erenburg che gli viene incontro, pipa in bocca, cane al guinzaglio. Il cane si chiama Buzu, un incrocio fra un bassotto e uno scotch-terrier. Breton gli sbarra la strada, lo guarda dritto dritto poi gli dice: Sono André Breton, pederasta, feticista, esibizionista, onanista, mantenuto, ostile alla Russia perché lì la gente lavora. Ad ogni aggettivo una bella cinquina sulla guancia dell’intera sezione culturale del comitato centrale del partito sovietico.
A scatenare la reazione di Breton è uno scritto di Erenburg dal titolo Les surréalistes pubblicato l’anno prima da Gallimard. Erenburg dice che i surrealisti sono “dei degenerati capaci solamente di darsi alla piccola pornografia, (…) dei veri alienati che sarebbero al loro posto solo in cliniche specializzate (…) dei fanatici dell’ozio.”
Se vogliamo, Erenburg ha anche ragione. Breton lo sa benissimo. Però, che razza di surrealista sarebbe se non reagisse in quel modo? Sta fresco Erenburg a lamentarsi della violenza, della natura fascista dell’aggressione… l’agguato di Breton è la quintessenza della performance surrealista, violenta, romantica, inutile, esibizionista, popolare, fine a se stessa. Peccato che entrambi la prendano troppo sul serio. E che i loro amici si schierino. Tranne Crevel.
Come si fa a stare da una sola parte? Erenburg che scrive la cosa più interessante mai apparsa sui surrealisti, Breton che schiaffeggia la sezione culturale del comitato centrale, Erenburg lo stalinista, Breton il troschista, Erenburg che contraddice Stalin e la sua definizione degli scrittori “ingegneri di anime”, Breton radiato dalla lista degli oratori del Congresso internazionale degli scrittori, Erenburg che non vuole essere ingegnere di anime, non vuole “creare tonnellate di ghisa”, vuole solo scrivere.
Come si fa a prendere posizione, a stare da una sola parte? Di fronte all’opera d’arte ci si deve abbandonare all’irrefrenabile impulso di mollare sberle a destra e a manca, stilare liste di proscrizione, contraddire e contraddirsi, produrre tonnellate di ghisa, dedicarsi alla piccola pornografia, condannare la grande pornografia a difesa dell’ozio moderato. Di fronte a tutti i discorsi sull’arte, si deve provare disgusto.
Dunque dimenticate i critici di professione e dedicatevi all’accoppiamento del bassotto con lo scoth-terrier. Prendete esempio da Buzu, imparate a non difendere il padrone. Glorificate Crevel, il suo inutile tentativo di riavvicinare Breton ed Erenburg, la manopola del gas, il suo biglietto “Con preghiera di cremarmi. Disgusto”. Esaltate la morte di Crevel, una morte senz’arte né parte.
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