Rien ne va Blu

Come non essere d’accordo col gesto di BLU? Come non sentirsi vicini a chi combatte in modo così plateale una “concezione della città basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi”?
Allora, proprio perché anch’io sento crescere l’insofferenza verso chi “si sente libero di prendere perfino i disegni dai muri”, mi domando: visitare o meno la mostra di Hopper che aprirà i battenti a Bologna il 25 marzo?
Si dà il caso, infatti, che sia prodotta e organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae. Cioè la stessa istituzione culturale – sostenuta dalla fondazione bancaria e presieduta dall’ex rettore dell’Università di Bologna Fabio Roversi Monaco – che ha organizzato la mostra “Street art”.
Un amico ha risposto al mio dilemma affermando che la mostra sulla Street art è sbagliata, quindi va disertata, quella su Hopper è giusta, quindi è visitabile.
A parte i dubbi sulle categorie di giusto o sbagliato (a cui il mio amico ha fatto ricorso per ragioni di sintesi), non riesco a condividere questa impostazione.
Le ragioni che spingono Genus Bononiae ad organizzare una mostra chiamata “Street art”, appropriandosi di opere destinate alla fruizione gratuita, non sono diverse da quelle che la spingono a organizzare la mostra su Hopper. A pensarla diversamente bisognerebbe forse ritenere che, essendo le opere di un pittore come Hopper destinate alla vendita (come quelle di Tiziano, Picasso, Nauman e via dicendo), è legittimo costruire e alimentare un sistema culturale che non riesce a concepire altro che “grandi eventi” a pagamento, ideati, organizzati e curati pensando, più o meno esplicitamente, alla sua massima “vendibilità”.
E non è anche questa una concezione della città basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi? Fra l’altro il prevedibile successo della mostra su Hopper sarà la medaglia appuntata al petto di Genus Bononiae, quella che farà dire agli operatori culturali: BLU dica quello che vuole, ma se Hopper arriva a Bologna è grazie alle fondazioni bancarie, al capitale privato, agli ex rettori.
Dunque torno al dilemma iniziale. Visitare o meno la mostra di Hopper? Magari il mio amico ha ragione: la scelta di andare all’una, disertando l’altra, può influenzare le prossime scelte di Roversi Monaco o chi per lui. Può, in altre parole, orientare le scelte del capitale. Dubito che ciò sia vero. E se anche accadesse si tratterebbe comunque di una scelta perfettamente coerente con ragioni di profitto.
Il dilemma, in realtà, si traduce in altro: è accettabile che la vita culturale della città viva solo (o prevalentemente) dell’iniziativa delle istituzioni culturali private? Se pensate che la risposta sia: “è pur sempre meglio di niente”, ecco, allora non siamo d’accordo sul significato del gesto di BLU e sull’utilità del postare articoli che ne trattano su facebook. Andate a vedere quel che è rimasto sui muri dove prima c’erano le sue opere. Il gesto di BLU dice: meglio niente.

15 commenti

  1. romi

    È accettabile che le scuole non abbiano un soldo, che la maggior parte delle Università sia a numero chiuso?
    Sono finiti i soldi. In un’economia capitalistica è dunque necessario che alla vita culturale della città partecipino istituzioni private.
    La giustizia è pressoché inapplicabile a questo modello.
    Vorrei avere gli strumenti per indicare una via diversa, probabilmente esiste.
    Tornando a bomba. La mostra sui graffiti non è etica. Va disertata. Il gesto di Blu è una delle cose più pure alle quali abbia assistito, mi commuove anche se fa male non vedere più le sue opere.
    La mostra su Hopper: la diserti per manifestare il tuo dissenso vs la mostra dei graffiti, sei coerente e dici: fanculo genius, non mi avrai, qualunque cosa tu faccia.
    Però questo ragionamento dovrebbe valere sempre, se l’ultima domanda che ti poni è quella che hai indicato. E dovrebbe valere per qualsiasi mostra verrà allestita in città o in Italia.
    Ti resta, ad esempio, il British Museum, gratis. Non ti va poi male.

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  2. carmen

    Sono d’accordo con te ma soprattutto, fermo restando che Blu ne è l’autore e, forse, delle sue opere può fare quello che vuole, a ne la storia del coprire i murales per sottrarli al capitalismo dei musei mi ha fatto strano. Quindi il bene comune è in realtà di chi decide come e da chi salvarlo? Ma

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  3. spartaco

    Pur considerando il ragionamento di Mauro bello e condivisibile, mi limito però ad osservare che si vive spesso del desiderio irrefrenabile di sovrapporre questioni di etica e di politica a quelle che riguardano l’arte. Naturalmente qui le cose sono strettamente intrecciate. Ma mi sembra importante tornare all’essenza. Il gesto di Blu è, ancor prima che un gesto politico, un gesto puramente artistico. Il capitale c’entra fino a un certo punto. Dei murales non possono artisticamente essere fruiti dentro un museo. E’ estetica, ancor prima di etica. Poi tutto il resto, viene di conseguenza.

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  4. Mauro

    Penso anch’io che il gesto di Blu abbia valore anche in quanto gesto artistico. D’altro canto le parole che ha usato, direttamente o indirettamente (vedi comunicato di wu ming), rimandano chiaramente a un contenuto politico. Sono interessato a entrambi gli aspetti. Il secondo, tuttavia, è un detonatore capace di far esplodere tutte le nostre contraddizioni, o almeno le mie. L’importante, comunque, è sfuggire alla tentazione di ridurre tutto a una polemica cittadina. Vorrebbe dire mortificare la portata rivoluzionaria del modo in cui si è manifestato il dissenso di Blu.

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  5. Stefano

    Concordo in pieno con Romi Erre. In questo mondo qua, brutto quanto vogliamo, serve il privato per fare certe mostre. Se non ti va bene, non vai a nessuna altra mostra, non solo Hopper. Accettato il fatto che io possa andare ad una mostra di privati, perché non c’ è altro modo, quella della Street art la diserto, in quanto la trovo “scorretta” , da diversi punti di vista. Se tutti facessimo così, tutti da Hopper, nessuno alla Street art, scommetto che sarebbe un messaggio anche questo, e un pochino gli roderebbe il culo al Roversi … Un pochino, non tanto. Infine, se volessimo essere davvero coerenti con le nostre idee, caro Orletti, potremmo smettere di lavorare in certi posti (il tuo è analogo al mio), ritirarci in campagna a fare l’ orto, e vivere di quello ( non avremmo poi i soldi per tutti i bei libri che ci piace leggere, per le mostre che ci piace vedere, per i bei viaggi, i concerti, eccetera eccetera eccetera.

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  6. Mauro

    Cerco solo di capire fino in fondo il gesto di Blu accettandone tutti gli esiti, anche (e soprattutto) quelli che mettono a nudo le contraddizioni: quelle che vivo tutti i giorni. Sono quindi contento che ci sia qualcuno a ricordarmelo. Domenticarsene rischia di suonare come un addomesticamento. Non del mio pensiero (figuriamoci) ma di quello di Blu (“finché i magnati magmeranno…”).

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