In piazza Garibaldi a Rovigo c’è la statua equestre di Giuseppe Garibaldi, progettata da Ettore Ferrari. Il monumento, in realtà, doveva essere collocato in una piazza romana ma, a causa di un piccolo particolare, diventa necessario cambiare la destinazione e scegliere una città minore e possibilmente periferica.
Nella statua di Ferrari l’eroe dei due mondi indossa un ampio mantello e un cappello alla Ernani, anche detto “calabrese”. Il copricapo a larga falda, con la piuma e la tesa sollevata di lato, viene infatti indossato dai calabresi durante i moti anti-borbonici del 1844. In quell’anno a Venezia viene rappresentato per la prima volta l’Ernani di Giuseppe Verdi. La storia è ripresa da un’opera di Victor Hugo in cui un eroico bandito combatte contro la tirannide. Nel terzo atto il coro intona questi versi: “Si ridesti il Leon di Castiglia / e d’Iberia ogni monte, ogni lito / eco formi al tremendo ruggito”. Basta sostituire Leon di Castiglia con Leone di San Marco e Iberia con Italia e il gioco è fatto. Per la rappresentazione veneziana dell’Ernani il costumista fa indossare all’eroe un cappello a falda larga, appunto, con la tesa piegata da un lato e una piuma appuntata sulla guarnizione.
Il cappello è immediatamente proibito dalla polizia borbonica che, nel giro di poco tempo, viene imitata da quella papalina e da quella austriaca. Tant’è che poi, nel ’48, il cappello alla Ernani è proibito anche a Milano. Provvedimento inutile visto che, durante le 5 giornate, i rivoltosi lo indossano come simbolo della resistenza anti-austriaca.
Ma, ovviamente, non è questo il particolare incriminato. Ogni simbolo anti-borbonico o anti-austriaco, infatti, è ben accetto. Il problema sono le staffe progettate da Ettore Ferrari e, a un’attenta osservazione, si capisce bene il perché: rappresentano la corona dei Savoia rovesciata, posta sotto il piede di Garibaldi.

Un po’ troppo, bisogna ammettere, per la neonata monarchia unitaria.