Sighişoara è la città natale di Vald Tepeş, meglio noto come Dracula. Nella città natale di Dracula c’è la casa di Dracula e dentro la casa di Dracula c’è il ristorante Dracula che propone piatti dai nomi assai originali come la Zuppa di Dracula o lo Stufato di Dracula. Poi ci sono i negozi di souvenir che vendono cianfrusaglie di rara bruttezza: dai denti appuntiti al mantello del conte Vald Tepeş, dalla bara a molla al pipistrello imbalsamato.
Il centro storico di Sighişoara è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO… nonostante Dracula. Tanta passione per i pipistrelli meriterebbe almeno un rimprovero da parte dell’UNESCO. Del resto è probabile che la maggior parte dei turisti apprezzi. E però, visto che a fine settembre non ci sono turisti, l’effetto da overdose di Dracula è straniante.
Il mio umore ne risente e, di fronte alla Chiesa del Monastero, volge pericolosamente verso il nero. Fortuna che nella minuscola sacrestia hanno organizzato una mostra sulle incisioni al bulino del maestro Albrecht Dürer. Una mostra strepitosa nella quale sono riuniti tre incredibili capolavori: “Il cavaliere”, “Melancolia I”, “San Girolamo nello studio”.
Melancolia mi incanta a partire dal titolo, riportato direttamente nell’opera, su un cartiglio che sembra incollato – guarda caso – alle ali di un pipistrello. Anche il San Girolamo è strepitoso ma, non so come dire, non è nelle mie corde. Sarà per via dello studio ultra confortevole dove ogni cosa sembra trovare una collocazione ideale e definitiva. Preferisco di gran lunga il caos totale che domina nel gelido angolo di mondo su cui si posa lo sguardo atterrito di Melancolia.
E ancora, dovessi scegliere la compagnia di un leone mansueto (come nell’incisione del santo) o di un putto con la luna di traverso, sceglierei quest’ultimo, più adatto a condividere la febbre di questi giorni. San Girolamo non può capire, preso com’è dai suoi libri di teologia, ma la donna alata di Dürer è la compagna perfetta per sprofondare nella palude dell’inazione, per rimuginare pensieri irrisolti. Basta guardare i suoi occhi, persi in un vuoto siderale nel quale ordine, lavoro ed equilibrio hanno perso ogni significato. Tutte le idee partorite si rivelano inadeguate, ogni sforzo creativo è destinato al fallimento. Non resta che appoggiare la testa sulla mano sinistra mentre la destra, in modo meccanico, gioca con un compasso: il tentativo estremo di dare forma alle rovine del proprio io, all’eterna notte del proprio genio. Lì dove vive e prospera il pipistrello.
Ecco, guardando il capolavoro di Dürer, sento che anche il fallimento non è una sconfitta ma il sintomo di un’eterna tensione creativa. In virtù della quale è legittimo cambiare idea continuamente.
Nella teoria dei quattro elementi può succedere che la melancolia, ciò l’umore nero, cresca oltre misura e produca una forma di inquietudine molto simile alla pazzia.
Certi misteri alchemici è bene che restino tali ma oggi, nella città natale di Vald Tepeş, meglio noto come Dracula, il mio umore è nero per davvero e tutto mi appare vuoto e privo di senso, eccezion fatta per il bulino del maestro Albrecht Dürer, per la “carta, dove con bella invenzione figurò la Melancolia, con tutti gli strumenti, che riducono chiunque l’adopera ad essere malinconico” (Vasari).
