Giovanni Spadolini è stato per anni il personaggio più disegnato da Forattini. Una mole esagerata, quasi sempre nudo, un pistolino microscopico, una faccia tutto sommato simpatica. A Forattini piaceva, e piaceva anche agli Italiani, anche se non lo votavano. Nel momento di massima popolarità il suo partito, il PRI, raggiunge il 5%. Parliamo dei primi anni ‘80, quando diventa Presidente del Consiglio. Ma la sua carriera politica comincia prima, nel 1972. Licenziato dal Corriere della Sera, viene contattato da La Malfa che gli propone di entrare nel Partito Repubblicano, di cui diventa senatore e dopo anche Segretario. Fino ad allora, comunque, Spadolini è un volto poco noto. Per spiegare in che modo arriva alla ribalta tornano utili un film di Mario Monicelli e alcune vignette di Giorgio Forattini.
Nel 1976 esce il romanzo di Vincenzo Cerami “Un borghese piccolo piccolo”, da cui Monicelli trae ispirazione per il suo film dell’anno successivo. Alberto Sordi interpreta Giovanni Vivaldi, modesto impiegato che cerca di sistemare al ministero il figlio ragioniere, impacciatissimo e ottuso. Per farlo, si iscrive a una loggia massonica, nella speranza di guadagnare gli appoggi necessari a raggiungere l’obiettivo. La scena dell’affiliazione è grottesca e Sordi è perfetto nell’espressione un po’ tonta e un po’ incredula con cui reagisce alla nomina ad apprendista muratore: «muratore?».
La cosa abbastanza curiosa è che l’anno prima dell’uscita del romanzo di Cerami, un tale Licio Gelli diventa “maestro venerabile” della loggia massonica P2. All’epoca Gelli è un mezzo sconosciuto. Quando però salta fuori l’elenco degli affiliati alla loggia, grazie a una perquisizione nella fabbrica di abbigliamento “La Giole” di Castiglion Fibocchi, di cui è proprietario, allora il suo diventa un volto noto. E si scopre che in certi ambienti non è affatto sconosciuto. E scoppia il finimondo. Nella lista, infatti, c’è un po’ di tutto, l’Italia più cialtrona e impresentabile: Vittorio Emanuele di Savoia, Edgardo Sogno, Michele Sindona, Roberto Calvi, Maurizio Costanzo, Silvio Berlusconi. Gente così. Ci sono anche due ministri del governo in carica: il socialista Enrico Manca e il democristiano Franco Foschi.
E qui tornano utili le vignette di Forattini. Che nel 1982 lo disegna, come al solito, grassissimo, nudo, con doppio pistolino (ma sempre formato ridotto) e le dita che fanno un gesto che significa due, ma anche vittoria. E sotto la scritta: Spadolini Bis. Subito di fianco un altro Spadolini, visto di spalle, mentre fa pipì. Sempre grassissimo, sempre nudo, con doppio zampillo. E sotto la scritta: PIPÌ 2.

Bisogna ammettere che il leader repubblicano è una meravigliosa fonte di ispirazione per il vignettista. Non tutte le sue caricature sono riuscite. Questa decisamente sì.
Il governo in carica, presieduto da Forlani, non regge sotto il peso dello scandalo: oltre ai 2 ministri, nell’elenco degli iscritti ci sono anche 5 sottosegretari. Allora il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, per la prima volta nella storia di quella che viene chiamata Prima Repubblica, incarica un politico non democristiano di formare un nuovo governo, Spadolini appunto.
Il senatore è uno storico di chiara fama, come si dice, e un giornalista di lungo corso. Il segnale è chiaro: il paese ha bisogno di un nome pulito e di un cervello che lavori al servizio del Paese. L’esatto contrario del “maestro venerabile”, che è quanto di meno “venerabile” si possa immaginare e che certo non ritiene di essere al servizio del Paese, piuttosto considera il Paese al suo servizio.
Licio Gelli combatte come volontario in Spagna in appoggio alle truppe di Franco, è impiegato nel gruppo universitario fascista senza mai essere iscritto all’università, fa carriera e diventa ispettore del partito nazionale fascista, dopo l’8 settembre aderisce alla repubblica sociale italiana. Un attimo prima del tracollo, da codardo doppiogiochista qual è, si vende ai partigiani. L’attitudine a rimestare nel torbido lo porta, a metà anni ’50, a diventare direttore dello stabilimento Permaflex di Frosinone. Nulla di torbido, si dirà, ma le visite altolocate che riceve sollevano forti perplessità: all’inaugurazione, per fare un esempio, sono presenti il cardinale Alfredo Ottaviani, il ministro del Mezzogiorno Edoardo Lami Starnuti, il ministro della Difesa Giulio Andretti.
Tant’è che puntuali arrivano le commesse: carceri, ospedali, conventi. Nel 1963 Gelli entra nella massoneria (nel grande oriente d’Italia). Qui gli viene affidato l’incarico di gestire la loggia P2, di cui – come abbiamo visto – diventa maestro venerabile nel 1975.
Molti anni dopo Giorgio Gaber nella canzone-prosa “Mi fa male il mondo” dice: «Mi fanno male le lobbies di potere, le logge massoniche, la P2. E la P1? No perché se c’è la P2, ci sarà anche la P1. Se no la P2 la chiamavano P1. No, quelli della P1 sono buoni, mansueti, come agnelli, in genere stanno a cuccia». A parte l’ironico riferimento agli Agnelli e a Cuccia, la P1 è esistita per davvero. Si chiamava “Propaganda massonica” e faceva già parte del grande oriente d’Italia. Ma i suoi iscritti erano segreti. Con il fascismo la massoneria deve rimanere in silenzio. Poi, nel secondo dopoguerra, si riattiva e così la loggia “propaganda” diventa “propaganda 2”, cioè P2.
C’è una foto che ritrae Gelli serio serio, apparecchiato con il grembiulino, la fascia e quello che sembra un maglietto. Un saltimbanco che però, forse, non ha tutti i torti a pensare che: «Con la P2 avevamo l’Italia in mano. Con noi c’era l’Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia». Il che la dice lunga su chi fossero i comandanti di Esercito, Guardia di Finanza e Polizia.
Ecco, di fronte a questo circo Sandro Pertini decide che c’è bisogno di una svolta. E allora chiama Spadolini, prolifico autore di saggi storici, intellettuale, giornalista del Corriere, di cui è stato anche direttore, repubblicano anomalo che alla figura del Mazzini cospiratore preferisce quella del Giolitti liberal-progressista. Tant’è che la definizione di “segretario fiorentino” data da Indro Montanelli, che lo accosta in questo modo al Machiavelli “Segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina”, gli piace parecchio. Ecco, se dovessi dire, le vignette di Forattini e le frecciate di Montanelli bastano da sole a raccontare il personaggio: «Giovanni è fortunato, dice ancora Montanelli, perché è innamorato e si ricambia».
Verissimo. E anche gli italiani, magari non se ne innamorano, ma lo apprezzano. Apprezzano la legge Spadolini-Anselmi sulla soppressione delle società segrete come la P2, apprezzano i buoni risultati nella lotta all’inflazione, apprezzano la liberazione del generale americano Dozier, sequestrato dalle brigate rosse. Purtroppo la “lite delle comari” fra Andreatta (ministro del Tesoro) e Formica (ministro delle Finanze) fa cadere il “suo” governo. Comunque Pertini torna a dargli l’incarico e lui ne fa votare uno identico al precedente. Lo Spadolini Bis. Non durerà molto ma per Forattini l’occasione è ghiotta.
Alle politiche del 1983 il PRI raggiungerà il suo massimo storico: 5,1%. Nel 1987 per Spadolini arriva la presidenza del Senato e quando Cossiga, nel 1992, darà le dimissioni da Presidente della Repubblica, il Quirinale sembra tutto sommato alla sua portata. Il PRI lo candida ma alle fine viene eletto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro. D’altra parte i repubblicani sono votati da una minoranza abbastanza risicata. Tant’è che proprio nel 1992 Forattini disegna Spadolini sulla spiaggia, di spalle, che fa una scorreggina: PRI.

Intanto succede di tutto e la Prima Repubblica collassa. In Parlamento arriva il Polo delle Libertà che, alla presidenza del Senato, candida Carlo Scognamiglio. Contro di lui Spadolini perde per un solo voto. La sera va a cena da “Fortunato al Pantheon”. Chi lo incontra non può fare a meno di notare la sua amarezza. Muore ad agosto di quell’anno, il 1994.
Un’ultima vignetta, sempre in riva al mare: una montagna di sabbia, un fiore sopra, Forattini che si allontana gettando via la matita. Sotto quella montagna di sabbia ci sono un nome pulito e un cervello al servizio del Paese, un Paese che è l’esatto contrario di quello fatto di apprendisti muratori e maestri venerabili.
