Ero diventato un tipo mite; mi ero strutturato piano piano una nuova personalità, che era quella di un tipo mite. Un bambino buono un po’ cresciuto, diciamo. L’idea che davo (e me ne accorgo solo ora, dopo molto tempo, ed era un’immagine di me che pian piano ho finito per odiare), era di un tipo non aggressivo; e inoltre non sapevo dire di no. Ero talmente mite e cavallo che tutti mi pigliavano per un santone, ma un santone che si fosse dimenticato di avere un credo, e che andasse per il mondo svagato, come una figura di un quadro di Chagall. E per questo avevo molti amici, e improvvisamente – dopo il lungo periodo di incubazione (introversione? incutosione? non ho capito una parola scritta a penna) che era stato quel periodo maritale, coatto, innocente-mente e straordinariamente casalingo – cominciai improvvisamente ad avere un’enorme quantità di amici. Tutti mi cercavano, ed era questa mia aria di consapevolezza, l’aria di chi ha molto sofferto, la saggezza. E tutto questo mi giustificava, e me ne feci la mia identità.
volevo stare nella vita come su un treno, dove tu non parli con i passeggeri. Dato che il treno lo devi per forza prendere – devi fare come gli altri. l’evasione e la ribellione. sono fallite. ma io non sono come voi. non sono come voi, capito?
La dignità che ti dà la politica quando tendi la mano era sparita naturalmente,
Il problema di ogni reduce. Lui crede che ha cambiato il mondo facendo la guerra, e invece il mondo è cambiato in pace, nel costume, ecc.. Ci sono altri dischi, le ragazze portano altri vestiti
[Carlo Bordini, Memorie di un rivoluzionario timido, Luca Sossella Editore 2016]