Lui era fatto così, non gli bastava mai attaccare soltanto la ragione, voleva raggiungere i sentimenti; a me sembrava meraviglioso salutare su una piazza di Praga un dirigente operaio italiano con un canto rivoluzionario italiano, speravo che Togliatti fosse commosso come già lo ero io, e per questo mi unii con tutte le mie forze alla voce di Pavel, poi su unirono altri, e poi altri ancora e alla fine il nostro gruppo al completo, ma il clamore della piazza era terribile e noi eravamo un pugno di persone, eravamo solo cinquanta e loro almeno cinquantamila, una superiorità schiacciante, una lotta disperata, per tutta la prima strofa pensavamo che ci avrebbero sopraffatti, che il nostro canto non si sarebbe nemmeno udito, ma poi avvenne il miracolo, a poco a poco si unirono sempre più voci, la gente aveva cominciato a capire e il canto lentamente si liberava dal grande fragore della piazza come una farfalla da un’enorme crisalide rumoreggiante. Alla fine quella farfalla, quel canto, o almeno alcune delle sue ultime battute, volarono fino alla tribuna, noi guardavamo ansiosi il viso dell’italiano brizzolato e fummo felici quando ci sembrò che reagisse al canto con un movimento della mano, e io ero addirittura certa, benché fosse impossibile distinguerlo da quella distanza, di vedere delle lacrime nei suoi occhi. E in quel momento di entusiasmo e di emozione, senza nemmeno sapere come, afferrai all’improvviso la mano di Pavel e Pavel ricambiò la mia stretta, e quando poi la piazza si fece silenziosa e al microfono si avvicinò ancora qualcun altro, io ebbi paura che mi avrebbe lasciato la mano, ma non lo fece, continuammo a tenerci per mano fino alla fine della manifestazione e non ci lasciammo neanche dopo, la folla si disperse e noi passeggiammo alcune ore nella Praga in fiore. Sette anni dopo, quando Zdenicka aveva già cinque anni, non me lo dimenticherò mai, lui mi disse: non ci siamo sposati per amore ma per disciplina di partito […].
[Milan Kundera, Lo scherzo, Adelphi 1986]