La materia che a scuola viene chiamata “letteratura”, infatti, è un qualcosa che non ha a che fare con nulla. La sua caratteristica principale è quella di essere un lungo “riassunto delle puntate precedenti”: si parla per moltissimo tempo di ciò che si pensa sia esistito, in campo letterario, in epoche precedenti, ma a differenza dei riassunti degli sceneggiati televisivi o radiofonici non si arriva mai alla puntata del giorno, perché se vi si arrivasse bisognerebbe dire qualcosa, e invece non si ha nulla da dire. Il racconto di queste puntate è spesso concitato, affannoso, simile a una corsa: si passano in rassegna in modo convulso Dante, Pratolini, Bembo e Svevo, ma non dicendo mai nulla che li riguardi e non leggendo mai un libro scritto da loro. I verbi che si usano più di frequente per parlare degli argomenti che si stanno trattando sono “arrivare” e “finire”: “dove siete arrivati?” “siamo arrivati al Foscolo; “abbiamo finito Leopardi”.
[Maurizio Salabelle, L’istruzione scolastica, in “Il Semplice – Anno 1996 N. 2”]