Prefazione inedita a La Chartreuse de Parme di Stendhal
Mi trovo nel mio studio a Parigi, al numero 8 di rue Caumartin, sono qui da 52 giorni e ho appena terminato di dettare al mio copista di fiducia questo romanzo sulla certosa. Un tema nuovo finora, di stampo chiaramente illuminista sia per la tematica che per l’essenzialità della prosa. Un romanzo che rappresenta la mia personale dedica all’Italia, o meglio, a un prodotto di quell’Italia che tanto amo. Perché, mi chiedo, un romanzo sulla certosa e non sulla crescenza o sulla robiola? Semplice: perché la certosa le supera tutte in bontà, consistenza, calorie e freschezza. In particolare, la certosa di Parma è fatta con buon latte (cinque bicchieri di latte appena munto per cento grammi di prodotto), si conserva bene, contiene fermenti vivi, è fonte ricchissima di calcio e di proteine. Ma il vero motivo che mi ha spinto a dedicare alla certosa un intero romanzo è un altro: il sapore delicato unito alla consistenza cremosa… O lattea creatura cremosa e delicata, o deliziosa carezza del mio palato!
Ho scoperto anche che, in infinite combinazioni, posso aggiungerla a altri piatti e inventarne di nuovi… O musa creatrice di infinite opportunità culinarie, o crema vitale per le mie ossa!
Insomma, una cosa posso affermare con certezza: la certosa di Parma è il prodotto ideale da consumare in tutte le occasioni, da soli o in compagnia, di mattina o di sera, addirittura di notte quando il languorino ci coglie nel sonno, perché ha un gusto avvolgente, è morbida, è profumata e ci profonde – senza che ce ne accorgiamo – fosforo ovunque. Ieri, per esempio, mi sono fatto cucinare una soupe gratinée à la certosa. Oggi invece ho ordinato alla mia cuoca un Gratin al Munster, piatto tradizionale alsaziano a base di patate e formaggio. E quale formaggio ho chiesto di abbinare a queste portate? Ma la certosa, ovviamente. Ecco, soli 52 giorni per scrivere un romanzo che ha per tema la certosa (di Parma, la più buona), per parlarvi delle sue voluttà, dei suoi avvallamenti che carezzano la bocca e solleticano lo stomaco; un romanzo del quale, in questa breve prefazione, non posso svelarvi gli intrecci, un romanzo “da gustare” lo definirei, e starà a voi, addentrandovi riga dopo riga nelle pagine, scoprirne i risvolti, i meandri, le storie incredibili dei personaggi che si avvicendano nelle cucine, sentirne i profumi, immaginarvene i sapori squisiti delle tavole di commensali increduli e sbigottiti di fronte a tanta perfezione casearia.
Stendhal