Bizzarro è il popolo islandese

Mi ha scritto un amico che di mestiere è biologo e per questo viaggia molto. Scrive anche libri e una volta ha pubblicato una cosa bellissima sui passaggi in autostop. La prima cosa che mi ha chiesto è stata «dove ti trovi?». Cioè non come stai? o cosa fai? ma «dove ti trovi?». Che poi è anche l’unica domanda alla quale sarei in grado di rispondere.
In Islanda! A caccia di aurore boreali. E infatti sono nella mia stanza, bloccato da una valanga che non mi permette di uscire, un fronte di neve e ghiaccio che ha spazzato via quasi tutto quello che conoscevo.
Tempo fa ho visto un film islandese, “Nói albínói”. Ripensandoci molte cose ancora non mi tornano. Non mi torna l’idea di una periferia nordica in cui tutto è bloccato: il tempo, i rapporti, le persone. Come se il freddo dovesse per forza condizionare non dico la vita, ma anche i sentimenti.
E non mi torna la stranezza di Nói, il protagonista, un ragazzo irrisolto a metà strada fra il genio e il demente, per giunta albino.
E non mi torna l’idea che tutto questo debba essere raccontato in un’opera antinarrativa, che più che altro “fa vedere”. Far vedere va benissimo ma ecco, siamo in Islanda e per dirla con S. G. Stephansson

Bizzarro è il popolo islandese
tutto ciò che ha vissuto
il proprio pensiero e le proprie vicende
l’ha preso e messo per iscritto.

C’è qualcosa però, in questo film, che ancora mi cattura. Penso sia un piccolo oggetto, rosso, un visore stereoscopico. Si tratta di un regalo che Nói riceve dalla nonna per il compleanno. In quel visore ammira paesaggi da cartolina, palme e spiegge di sabbia finissima, un altrove che fino a un certo punto è solo fuga, un altrove da immaginare e nel quale perdersi prendendo a prestito perfino gli occhi.
Chi ha visto il film sa che a un certo punto arriva il disgelo, sa che il disgelo porta una valanga e sa che la valanga è la fine di tutto, ma anche la chiave che mette in moto le onde di un mare da cartolina, un luogo che non è più un altrove ma una realtà.
Però dove si trova Nói in quel momento? Nel rifugio segreto che si è costruito in cantina? sotto metri di neve e quindi impossibilitato a fuggire? sotto una palma a godersi il sole di un’isola tropicale?
Dove si trova? È la prima domanda che avrei dovuto pormi allora, dopo aver visto il film. E mi vien da dire che Nói è albino perché a un certo punto diventa tutt’uno con lo sfondo e gli altri, che credono di condividere con lui almeno il freddo, possono solo domandarsi «dove si trova?».
Il mio amico, che è stato in Islanda, sa cos’ha generato la valanga. E quando gli dico dell’Islanda capisce: non ci si può accontentare di un visore stereoscopico. Quando arriva il disgelo e con il disgelo la valanga, bisogna partire… a caccia di aurore boreali.

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