Ciminciò mio padre a ‘nsegnarmi sonare di flauto e cantare di musica; e con tutto che l’età mia fussi tenerissima, dove i piccoli bambini sogliono pigliar piacere d’uno zufolino e di simili trastulli, io ne avevo dispiacere inistimabile, ma solo per ubbidire sonavo e cantavo. Mio padre faceva in quei tempi organi con canne di legnio meravigliosi, gravi cenboli, i migliori e più belli che allora si vedessino, viole, liuti, arpe bellissime ed eccellentissime. Era ingegniere, e per fare strumenti, come modi di gittar ponti, modi di gualchiere, altre macchine, lavorava miracolosamente; d’avorio e’ fu il primo che lavorassi bene. Ma, perché lui s’era innamorato di quella che seco mi fu di padre ed ella madre, forse per causa di quel flautetto frequentandolo assai più che ‘l dovere, fu richiesto dalla pifferi della Signoria di sonare con esso loro. Così seguitando un tempo per suo piacere, lo sobbillorno tanto, che e’ lo feciono de’ lor compagni pifferi.
[Benvenuto Cellini, Vita, Biblioteca Universale Rizzoli, 1995]