E quante cose avvincenti promettono esperimenti in campi minuscoli di specializzazione. Per esempio il singhiozzo. Il mio stupido compaesano Solychin mi chiama nel bosco a raccogliere funghi salati! Occupiamoci piuttosto del singhiozzo, cioè di un’indagine del singhiozzo da ubriachezza nel suo aspetto matematico…
“Ma andiamo – mi gridano da tutte le parti, – possibile che al mondo, a parte questo, non ci sia niente che possa…”
– No, proprio, non c’è – grido a tutte le parti. – Non c’è niente a parte questo. Non c’è niente al mondo che possa! Non sono uno stupido, capisco che al mondo c’è anche la psichiatria, c’è l’astronomia ultragalattica, son tutte cose vere.
Ma son tutte cose che non ci appartengono, son tutte cose che ci hanno imposto Pietro il Grande e Nikolaj Kilbal’cic, però la nostra vocazione non è per niente questa, affatto, la nostra vocazione è da tutt’altra parte. Da quella parte dove vi porto adesso, se non vi mettete a far resistenza. Voi direte “Questa vocazione è disgustosa e falsa”. E io vi dirò, vi ripeterò ancora: “Non ci sono vocazioni false, bisogna rispettare tutte le vocazioni”.
E chissenefrega, di voi, dopotutto. Meglio che lasciate agli yankees l’astronomia ultragalattica e ai tedeschi la psichiatria. Che quelle canaglie degli spagnoli vadano a vedere la loro corrida, che quei vigliacchi degli africani costruiscano la loro diga di Assuan, che la costruiscano pure, vigliacchi, tanto il vento gliela soffia via, che l’Italia si strozzi con il suo ridicolo bel canto, va bene!
Ma noi, ripeto, occupiamoci del singhiozzo.
[Venedikt Erofeev, Mosca-Petuskì, trad. Paolo Nori, Quodlibet 2014]