Questo anfibio è una specie molto interessante perché va in controtendenza, non essendo in via di estinzione, al contrario della maggior parte di anfibi viventi che si estinguerà entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici. Lo conferma lo zoologo valtellinese Beppe Piergalletti, per il quale non si odono più i gracidii di una volta. «Neanche l’espressione “Ha ingoiato il rospo” si usa più» ha aggiunto il Piergalletti intervistato. I motivi della sparizione degli anfibi sono ancora un mistero. C’è chi accusa l’aumento di temperatura, altri il buco dell’ozono, che farebbe entrare i raggi UV dannosi per chi ha la pelle delicata come gli anfibi.
Secondo un altro studioso, Attilio Scozzafava, potrebbe essere proprio il rospo a placche a offrire la chiave per risolvere questo mistero. E’ per via della sua pelle resistente, dice lo Scazzafava, che il rospo a placche non si estingue. E’ una specie veramente interessante ma difficile da studiare, spiega lo zoologo. Infatti, nonostante il suo immobilismo, è lestissimo con la lingua. Nessuno è mai riuscito a vedergli la lingua mentre caccia gli insetti, si suppone soltanto che lo riesca a fare perché le mosche che gli passano davanti spariscono nel nulla come gli aerei nel triangolo delle Bermnuda.
La foto nel riquadro, presa dallo Scozzafava nel parco del Gran Sasso, raffigura un esemplare proprio nell’atto della predazione. Secondo lo Scozzafava, anche la recente soperta sulla velocità dei neutrini, che andrebbero più veloci della luca, sarebbe dovuta invece a un rospo a placche – caduto per sbaglio nell’acceleratore di particelle del Gran Sasso – che si sarebbe messo a fare il tiro a segno contro i neutrini usando la sua lingua superveloce.
Paolo Pergola
[La foto è di: GIOVANNI ZAFFAGNINI, Blocco di arenaria – formazione marnoso arenacea FM4
membro di Galeata, Campigno di Marradi 1995]