Birethanti, sinceramente, anche il ponte con le bandiere della preghiera e le case in mattoni e terra verniciate di bianco e le finestre di legno, alcune molto belle, e la strada fangosa, non asfaltata, sicchè uno si rende conto di cosa voglia dire una strada non asfaltata dopo il diluvio, buche e fango dappertutto, Birethanti insomma, a voler essere sinceri, sebbene sia la porta d’accesso al santuario dell’Annapurna, infatti qui si trova il primo check point dove bisogna consegnare i permessi e tutto il resto e rispondere alla domanda: solo? Solo. Nessuna guida? Nessuna guida. Nemmeno un portatore? Nemmeno uno, perchè altrimenti guida, portatore e trekker formano un gruppo, anche se non capisco cosa questo voglia dire, magari bisogna pagare una tassa aggiuntiva, chissà, e comunque questa porta di accesso, Birethanti, è una delusione, è sporca, ci sono dei lodge in cemento, intonacati in rosa e azzurro, decrepiti, con camere anguste e umidissime che ricordano le celle di una prigione, e poi il bagno sgangherato e la doccia calda che non è calda, è fredda, e andrebbe bene anche la doccia fredda se non fosse tutto così miserabile e prossimo allo sfacelo e la tentazione di restare vestiti, lasciar perdere la doccia calda che invece è fredda, dormire in piedi, la tentazione è talmente forte che penso alla mia vulnerabilità in modo diverso. Non più come incapacità di difendersi dal freddo o di orientarsi nella nebbia alzatasi improvvisamente dalla valle, ma come timore dello sporco. E invece anche lo sporco, a suo modo, lo sporco di Birethanti intendo, per esempio il fango, la polvere, la cenere delle stufe, l’unto che ti resta sulle mani dopo aver toccato una bottiglia di ketchup sulla tavola, anche lo sporco, questo sporco qui, che c’è a Birethanti, bisogna imparare a rispettarlo. Sicché le donne che al mattino spazzano davanti alle loro baracche, con grazia, agitando uno scopetto minuscolo, ecco non stanno realmente combattendo lo sporco. A me sembra, ma potrei sbagliare, che queste donne stiano lottando contro la catastrofe ecologica e culturale che incombe su questa parte di mondo. Poco per volta. Tutti i giorni. Incuranti dell’immensità dell’impresa e del tutto indifferenti al fango, alla polvere, alla cenere delle stufe, all’unto sulle bottiglie di ketchup. Del resto, come tutti sanno da queste parti, anche i grandi lama prendono i pidocchi.
