Ero a Pechino il giorno in cui Xí Jìnpíng è stato eletto Segretario Generale del PCC dal XVIII Congresso del Partito. Su tutti i giornali, in prima pagina, c’era la foto di quest’aula, la Grande Sala del Popolo, e dentro tutti questi cinesi in giacca e cravatta, e poi delle facce sorridenti e fra queste facce, i Taizi, il gruppo di figli e i nipoti dei protagonisti della Lunga Marcia e della rivoluzione del ’49, e fra questi figli e nipoti, Xí Jìnpíng.
Poi, in quei giorni, girando Pechino in taxi, ho capito che per quanto ci si sforzi di far intendere con chiarezza il luogo da raggiungere, magari aprendo una mappa della città e puntando il dito su un punto preciso, per quanto il tassista si sforzi di sorridere e annuire con la testa, non c’è verso di arrivare a destinazione senza aver girovagato a casaccio per dei quarti d’ora. Il tassista parte, all’inizio sembra sicuro, sfreccia con decisione lungo le strade, poi, ad un certo punto, comincia a rallentare, si guarda attorno, dice qualche parola fra i denti, si aggrappa sconsolato al manubrio.
C’è di buono che il prezzo di una corsa è molto basso perciò, se anche si impiega molto più tempo del necessario, non c’è il rischio di spendere un capitale.
A noialtri italiani sembra una cosa inconcepibile. Cioè, vien da pensare, quello è il tuo lavoro, guidare per le strade, sicché dovresti almeno riconoscerle, saperti orientare. Per quanti alberghi possano esserci a Pechino, non dovrebbe essere così difficile raggiungerne uno partendo da una stazione ferroviaria, specie se l’albergo in questione fa parte di una di quelle catene internazionali tutte uguali tipo Holiday Inn.
Fra l’altro il tassista, in Cina, ha questa strana abitudine di sputare rumorosamente fuori dal finestrino, un vezzo, diciamo così, che tende a farsi più frequente nei momenti di difficoltà. Non che il tassista cinese si agiti, resta sereno, magari strombazza un po’, ma anche quello è più un tic nervoso che una manifestazione d’ira.
E insomma un paio di giorni fa è circolata la notizia che Xi Jinping se ne sia andato a spasso per Pechino, in incognito, a bordo di un taxi. E lì, seduto sul sedile anteriore, pare si sia messo a chiacchierare con l’ignaro tassista di inquinamento, industrializzazione, salute e benessere dei cittadini. E poi, ad un certo punto, il tassista ha guardato bene in faccia il cliente e gli ha detto: “Ma sa che somiglia al nostro presidente?”. E allora lì il gioco è finito.
Dopo l’imbarazzo iniziale il tassista ha chiesto un autografo al presidente. Una volta arrivato a destinazione Xi Jinping ha pagato, lasciato la mancia, scritto un biglietto di suo pugno con questa frase: “Guida col vento in poppa”. Che è anche una bella frase, perchè in effetti un tassista di Pechino, quando guida, non ha riferimenti certi, nemmeno uno, come se – anziché essere al centro della capitale – si trovasse in mezzo all’oceano.
Il 14 marzo scorso Xi Jinping è diventato anche Presidente della Repubblica Popolare Cinese. Quasi tutti i 3000 componenti dell’Assemblea nazionale del popolo hanno votato per lui, tutti tranne quattro: tre astenuti ed uno contrario. La vera notizia, naturalmente, sta nel fatto che qualcuno si è astenuto e qualcun altro ha votato contro. Il che, visti i numeri, lascia perplessi: primi segnali di libertà o dimostrazione di forza del regime?
Non so, comunque da qualche ora si è conclusa la quinta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica Italiana. Il risultato è che un Presidente ancora non c’è, il segretario del Partito Democratico si è dimesso, il Presidente uscente, cioè Napolitano, dovrebbe ricandidarsi ma per farlo potrebbe volere garanzie sul prossimo governo. Che ancora non c’è, perché l’Italia è una democrazia troppo evoluta per avere una maggioranza, anche una maggioranza di governo.
Le autorità cinesi, intanto, hanno smentito la notizia del giro in taxi del Presidente ed il quotidiano di Hong Kong “Ta Kung Pao”, che per primo aveva dato la notizia, si è affrettato a scusarsi per aver diffuso la bufala. Peccato, era una bella storia, un po’ sentita ma bella. E forse è proprio questo ad aver infastidito gli organi di governo: una storia già sentita. Il che dimostra che in Cina la democrazia è ancora di là da venire, che altrimenti tassisti e presidenti saprebbero apprezzare anche un balzo di lato, o all’indietro.
Noialtri Italiani, invece, apprezziamo eccome. E infatti arriva la conferma dal Quirinale, Napolitano accetta di ricandidarsi. Be’, che dire? In attesa della smentita faccio gli auguri al Presidente: guidi col vento in poppa!
