Unità di tempo, luogo ed abiezione

Immoralmente morale
Johann Wolfgang Goethe, a proposito de “Il nipote di Rameau”.

Mezz’ora. Dalle cinque alle cinque e mezzo. Mezz’ora nei giardini del Palais Royal. Solo mezz’ora. Una mezzoretta che poi c’ho da fare. Una mezzoretta e via. Che anche lui deve scappare.

Affari?

Macché. Io: un filosofo, lui: un barbone… quali affari?! Io: filosofo o, almeno, uno che fa discorsi filosofici, distinto, onesto, stupefatto e inorridito da quell’altro. Quell’altro: un musicista fallito, adulatore di professione, parassita, buffone, impostore, cialtrone, frequentatore a scrocco di salotti borghesi, intrattenitore di una Parigi iperprovinciale e superpettegola.

Affascinato. Io. Seriamente affascinato da una così perfetta combinazione di sublime e spregevole, lucidità e delirio, abiezione e onestà. Contraddittorio. Lui, Rameau, contraddittorio in tutto e per tutto. Contraddittorio al punto che un tale monumento all’immoralità potrebbe nascondere una superiore visione del mondo. Che, se pure esistesse, per ragioni di (non)coerenza, dovrebbe essere del tutto inconsistente ed esaurirsi nel confronto fra tradizione musicale francese e nuova musica italiana.

Sta al grido inumano delle fibre dettare la linea che ci conviene. (…)
Le passioni debbono essere forti; la sensibilità del musicista e del poeta lirico dev’essere estrema. L’aria è quasi sempre la perorazione della scena. Ci servono, ci occorrono esclamazioni, interiezioni, sospensioni, affermazioni, negazioni. Noi chiamiamo, invochiamo, gridiamo, gemiamo, lacrimiamo, ridiamo schiettamente. Niente spirito, niente epigrammi, niente pensieri ingegnosi e leggiadri. Questo è troppo lontano dalla semplice natura
.”

Visto che il buffone è anche musicista. O meglio, uomo di grande sensibilità per la musica… e di una totale insensibilità per le virtù. E comunque, che ore sono? Perché anche nella musica resta un fallito, questo è ovvio. Un fallito roso dall’invidia, consumato dalla gelosia per quello zio tanto famoso, tanto straordinario: quel Philippe Rameau del Traité de l’harmonie réduite à ses principes essentiels.

Personaggi letterari? Uomini di genio?
Macché. Gli dico genio e lui ride. Lo faccio ragionare: vivendo per per se stesso, il genio è almeno libero dal “potere”, non cerca il consenso, non ha bisogno di adulare. Il genio, se davvero ha del genio, è in grado di usarlo in modo virtuoso. Lui ride. Guarda l’orologio e ride. Mezz’ora… e mi smonta. Davvero, da non credersi, un uomo così mediocre e abbietto… dice che il genio rende l’uomo arido, ossessionato da se stesso e dalla sua arte.

Se aiuta qualcuno, lo fa senza avvedersene. È un filosofo nel suo genere. Non pensa che a sé. Per lui, il resto dell’universo non è che una lontana ipotesi. Sua figlia e sua moglie son padrone di morire quando vogliono. A condizione che nei rintocchi delle campane a morto risuonino ben chiare la dodicesima e la diciassettesima, tutto sarà stato per il meglio. In questo è la sua forza, ed è ciò che apprezzo particolarmente nelle persone di genio. Non sono buoni che a una cosa. Tranne quella, niente.

E poi, dopo il genio, passa all’etica e alla morale. Proprio così, sempre mezz’ora, la stessa mezz’ora. Ci vuol poco. Voglio dire: è uno che da lezioni di pianoforte senza saperlo suonare. Uno così ci mette poco. Una mezzoretta, che dopo, lui, deve scappare, seguire il naso, fiutare un invito a pranzo.

Sarà per colpa della fame – che induce al vizio e stuzzica l’intelligenza – comunque non ha nessuna cognizione del bene e del male, l’ha persa, o forse se l’è mangiata, la cognizione. Eppure non è un immorale. È un amorale. Un bambino che segue l’istinto… ed il suo naso. Perché non ha in sé il concetto di bene e di male, di giusto e di sbagliato. Se anche un giorno subisse una tremenda ingiustizia, non avrebbe sussulti di dignità. Anzi, ammirerebbe quell’ingiustizia. Perché ci sono gesti talmente abbietti, talmente atroci, da suscitare ammirazione e rispetto. Perché, come esiste un’eccellenza nel bene, esiste anche un’eccellenza nel male. E quel che si ammira è l’eccellenza. Il bene ed il male sono secondari.

Io non lo stimo, è ovvio. Non vorrei essere come lui. Ma un poco, per dirla tutta, lo invidio. È capace di mangiarsi il conformismo, le regole, la buona educazione e il ben pensare. È capace di mettere in crisi le coscienze e certe volte, a dispetto della morale, di ogni morale, di stanare la verità. E quella, molto spesso, è estranea al comune sentire, al buono, al giusto, al bene.

E su questo, alla fine, in trenta minuti, m’è toccato convenire. Tant’è che ho mantenuto segreta questa conversazione. Ho deciso di non pubblicarla se non dopo la mia morte. Che anche Diderot, vedete, vende la propria arte e vive del proprio genio. Saluti. Scappo.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...