Quando si è conclusa l’ennesima mostra pseudo/celebrativa di DADA e surrealismo, in quel di Roma, Complesso del Vittoriano, ero abbastanza contento di aver resistito alla tentazione di andarci. A parte che il Vittoriano è una delle sedi espositive peggiori del mondo (insopportabili i pannelli didascalici proprio all’inizio della mostra, alla fine della scalinata d’ingresso, che fanno ”effetto tappo”), che bisogno si aveva di questa ennesima fotocopia? Sempre a Roma, solo pochi anni fa, di grande spessore era stata invece la mostra sulla Metafisica alle Scuderie del Quirinale (che sono un ottimo spazio espositivo); ma per approfondire la tematica surrealista, perché non andare piuttosto al Guggenheim di Venezia? Pensavo ci fosse almeno una giustificazione temporale, non so, un anniversario!
Come per il centenario del manifesto futurista, lo scorso anno (ancora alle Scuderie del Quirinale). Invece no, il primo manifesto surrealista di Breton data 1924 e anche DADA nasce a Zurich solamente nel 1916. Quindi? Quindi la motivazione è sempre quella pecuniaria, tanto cara anche ai surrealisti più traditori (Avida Dollars era l’anagramma di Salvador Dalì coniato proprio da Breton). Quindi, noi? Quindi noi festeggiamo un centenario diverso!
Esattamente un secolo fa, mese più mese meno, nasceva a Napoli un certo Raffaele Cutolo. Solo che se si cerca Raffaele Cutolo in rete, si trova quello sbagliato! Il Don Raffaè, per intenderci, che sfortunatamente non è nato nel 1910. Quello cui ci riferiamo è invece l’autore della famosa Dove sta Zazà, canzone composta tra gli anni ’30 e ’40, apparentemente tradotta in 10 lingue e usata anche da Evita Peron come inno politico!
Pare che ci abbia scritto un articolo anche Andreotti, in occasione della morte di Cutolo, nel 1985. Sarà comunque più interessante leggere l’articolo di Andreotti alla morte dell’altro Cutolo: sarà sicuramente più competente! O, ancora meglio, l’articolo dell’altro Cutolo su Andreotti… Ma stiamo andando fuori tema… o forse no! Anche questo pezzo, come DADA, ”non significa nulla”. Nasce solo dall’assonanza di due parole che già di per sé non hanno significato. Sarà che è nato per la paura di non arrivare al 2016 per festeggiare il dadaismo o al 2024 per celebrare il surrealismo. Dopotutto siamo arrivati al 1996 e abbiamo dimenticato di festeggiare il centenario di nascita di Tzara che poi era pure quello di Breton. Insomma li abbiamo traditi, così come le mostre acchiappa-soldi continuano a tradire lo spirito di DADA. Ma siamo ancora in tempo per fare arte senza senso e, soprattutto, senza ambire all’arricchimento. Ecco dove sta DADA: nella libertà. La libertà di ricordare quanto siamo vicini al secolo scorso: ancora qualche anno e ci rifugeremo a Zurich, tra il 2016 e il 2017, per rilanciare il movimento con un nuovo manifesto; poi prenderemo un treno da Zurich fino a Petrograd; poi passerà una pioggia per attenderne una ancora peggiore; e noi proveremo a immaginare l’Europa dopo la pioggia. In fondo manca poco.
Claudio Cozza