Il mito della metà (mela marcia)

L’uomo apriva il frigorifero tutti i giorni. Guardava al primo ripiano, dove giaceva una metà mela non più in buone condizioni, e diceva:
– Ah, mela marcia!
Mentre lo diceva, la additava e se ne compiaceva.
Continuò così diversi giorni. La metà mela diventava sempre più marcia e l’uomo, con sempre maggiore soddisfazione, la additava e diceva:
– Ah, mela marcia!
Poi però, un giorno, dopo che l’uomo aveva aperto il frigorifero e si apprestava ad additare la mela, quella gli disse:
– Potevi mangiarmi prima! Potevi finirmi, prima!
Allora l’uomo si mise a pensare. Con la porta del frigorifero aperta, cominciando a raffreddarsi e a marcire lui stesso, si mise addirittura a discutere. Con la metà mela ormai quasi completamente marcia. Discussero per giorni. La mela marciva sempre di più e così anche il resto del cibo nel frigorifero con la porta sempre aperta. Il frigorifero consumava sempre più energia, sempre più risorse della casa, stando aperto tutto il tempo. L’uomo si consumava, per il freddo del frigorifero e per i ripensamenti.
Poi, un altro giorno successivo, si rese conto che doveva buttare la mela, buttare tutto il resto del cibo e chiudere il frigorifero. Ad alta voce, mentre lo faceva, disse:
– Devo preservare me stesso, questo è spirito di autoconservazione.
E ricominciò a vivere.
L’autoconservazione era vera ma non era tutto. Mentre l’operatore ecologico svuotava il cassonetto in cui era finito il sacchetto in cui era finita la metà mela marcia, questa con la poca voce che le era rimasta disse:
– L’unica cosa che non si è chiesto, che gli uomini non si chiedono mai, è il perché mi avesse lasciato lì a marcire. Nemmeno la sofferenza successiva, sulla propria pelle, è bastata a mettere in discussione l’intero sistema. E questo continua così.
Poi il camioncino della nettezza urbana partì e portò con sè i suoi pochi residui organici. Verso quel posto dove vanno – che se lo meritano! – le mele marce.

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