Quel che Joe ha detto a Robert quando stava in Scozia nel 1820:
“Sì vivo a New Lanark. Mio padre lavora nell’industria. Abbiamo un acro di terra. Anche mio cugino ha un acro di terra. Tutti quelli della mia contea hanno solo un acro di terra. Chi è più fortunato riesce ad averne uno e mezzo. Ma comunque ti deve bastare. Mia madre non cucina mai. Si va sempre al refettorio a mangiare. Il refettorio si trova al centro della contea. Tutti a New Lanark vanno al refettorio. In casa non si hanno cucine. È da quando avevo tre anni che non vivo più con i miei genitori. Da quando ho iniziato ad andare a scuola. La sera stavo nei dormitori con gli altri bambini. I miei, li vedevo solo durante i pasti. Poi dopo la scuola ho iniziato a lavorare in fabbrica. La fabbrica è dopo il verde. Non la si vede dalla finestra del mio alloggio. Però c’è.”
Quel che Simone ha detto a Jean quando stava a Guisa in Francia nel 1860:
“No non vivo più nel Familisterio. Mi hanno cacciato. Il mio vicino diceva di non sopportare quando rientravo alla sera e facevo rumore. Lì vale la comunità. E allora mi hanno cacciato. Ma forse è meglio così. Non sopportavo più quella strettissima vicinanza. Ogni cosa che fai, lì ti senti spiato. Non c’è niente da fare. È tutto così attaccato. Sempre le stesse facce. Al mattino le stesse facce. Al lavoro le stesse facce. All’asilo le stesse facce. In chiesa le stesse facce. No proprio non ne potevo più. Hanno fatto bene a cacciarmi. Così ora il mio appartamento sarà inglobato da quello dei miei vicini. Secondo me è per quello che mi hanno cacciato. Ma fa niente. Proprio non ne potevo più. È stato un bene che mi hanno cacciato.”
Quel che Pierre ha detto Jacques quando stava pure lui in Francia, però a Marsiglia nel 1950:
“Qualche anno fa ho abitato a Marsiglia. Sono rimasto lì diversi mesi. Ho vissuto in un edificio enorme. Un palazzone smisurato. Se volevo da mangiare, potevo fare la spesa proprio lì. Non avevo bisogno di uscire. Non conoscevo i miei vicini di casa, ma mi piaceva stare sul tetto alla domenica a guardare i bambini che giocavano. Il mio appartamento era al diciassettesimo piano. Non era molto grande, ma era sviluppato su due livelli. Ne ho fatte di scale. Poi però un giorno ho avuto un incidente. Sono rimasto paralizzato. Non potevo più abitare in quell’appartamento. Così sono andato via. Ora abito in campagna, in una casa dove c’è solo il piano terra. Forse un giorno riuscirò a camminare di nuovo. Ma credo che anche in quel caso non tornerei ad abitare a Marsiglia”.
Quel che mi ha raccontato Francesco l’altro ieri mentre stavamo a Piazza del Popolo a Roma:
“Abito a Corviale dall’80. Ci sono cresciuto. I miei genitori erano appena sposati quando sono andati lì. Io sono nato a Roma e vivo al serpentone. Che ogni giorno,quando ero piccolo, mi facevo un chilometro a piedi dentro al palazzo per andare a giocare da Mario. Ma certe volte c’avevo una paura spaventosa. Facevamo le scommesse, io e Mario. A chi sputava più lontano dal balcone. Una volta per sbaglio ho sputato sulla testa di Rocco, che con Simone e gli altri non ci potevano vedere. C’ho preso tante di quelle botte che sono stato col braccio ingessato per tutta l’estate. E a casa mia il caldo d’estate è talmente forte che il braccio, sotto al gesso, mi prudeva da morire. Allora mandavo Mario a comprare il ghiacciolo, così col bastoncino riuscivo a grattarmi fino al polso.
A Corviale ci dicono che siamo cittadini di serie c. Ma non è vero. Adesso c’abbiamo pure la televisione. Corviale Network si chiama. Voglio vedè quale altro palazzo qui a Roma ce l’ha.”