Incontri ravvicinati del 4° tipo

Questa è una storia di incontri. Incontri pubblici, a porte chiuse, in diretta televisiva, clandestini, inaspettati. Il primo avviene all’inizio di agosto di quest’anno a 10.000 metri di altezza nei pressi dell’isola di Guam, nel Pacifico. Dai loro jet intercettori degli increduli piloti americani rispondono al cenno di saluto dei colleghi russi alla guida di due bombardieri Tupolev. Un Tu-95MS ed un Tu-160. Il primo è un ferro vecchio dell’URSS, ultima versione di un progetto che risale al ’52. L’altro è un jet supersonico nato nell’81 ma tuttora gioiello di punta dell’aviazione Russa. I due Tupolev, complessivamente, hanno una capacità di fuoco impressionante: 55 tonnellate di missili a testata nucleare.
Fai ciao con la manina!
Il secondo incontro è, in verità, una conferenza stampa avvenuta il 17 agosto 2007. Putin annuncia la ripresa delle missioni di pattugliamento remoto su Atlantico e Pacifico. Le missioni coinvolgeranno in modo permanente una ventina di aerei, bombardieri nucleari compresi. Una ventina, per ora. Il discorso di Putin viene pronunciato in occasione della fine dell’esercitazione militare congiunta che ha visto impegnati alcuni reparti degli eserciti russo, cinese, kazakho, uzbeko… e kyrgyzo.
Dì bravo al presidente!
A questo punto bisogna tornare al 2005. In febbraio è previsto l’incontro al vertice fra Bush e Putin. Ufficialmente l’incontro dovrebbe sancire la definitiva riconciliazione fra Casa Bianca e Cremlino. Eppure, a poche ore dall’incontro, che ti combina quella sagoma di Bush? Incontra i leader delle tre rivoluzioni non violente che hanno recentemente rovesciato i vecchi regimi filosovietici. Proprio lì, a Bratislava, sotto gli occhi di Putin! E subito dopo – non contento – li ringrazia anche, pubblicamente, per il coraggio dimostrato nelle azioni di rovesciamento dei rispettivi governi. Gelo sul vertice con Putin.
Dì grazie al presidente!
Ma chi sono questi uomini coraggiosi che il Presidente degli Stati Uniti incontra personalmente e ringrazia pubblicamente? Sono Ivan Marovich, 33 anni, capo del movimento studentesco serbo OTPOR; Giga Bokeria, 34 anni, leader del movimento studentesco georgiano Kmara; Vladislav Kaskiv, 32 anni, leader del movimento studentesco ucraino Pora. All’appuntamento manca Edil Baisalov, assente perché troppo impegnato nell’organizzazione dell’ennesima rivoluzione non violenta che, fra circa un mese, deve scoppiare in Kyrgyzstan. Del resto Baisalov, che ha studiato negli USA grazie ad una borsa di studio del governo americano, lavora per il National Democratic Institute, presieduto da Madeleine Albright. Che diamine, non c’è nemmeno bisogno di incontrarlo il Baisalov!
La successione cronologica è dunque la seguente. 2001, Serbia: dopo 12 anni di terrore, il regime di Slobodan Milosevic viene finalmente rovesciato. La chiamano “rivoluzione di velluto”. Già dal nome si capisce che dietro la rivoluzione non ci trovi un movimento armato di oppositori pronti a tutto pur di deporre il tiranno assassino. Dietro al rovesciamento di Milosevic ci trovi il movimento studentesco serbo OTPOR. Ci trovi Ivan Marovich.
Novembre 2003, Georgia. La cosiddetta “rivoluzione delle rose” costringe Eduard Shevardnadze (vi dice qualcosa questo nome?) a rassegnare le dimissioni. Anche qui, a tirare le fila della rivoluzione, un movimento studentesco: il Kmara. E Giga Bokeria. Più un piccolo incentivo statunitense di 100 milioni di dollari l’anno.
In Ucraina succede tutto nel dicembre 2004. Tutto sarebbe una rivoluzione. Sarebbe la “rivoluzione arancione”. E dietro la rivoluzione arancione un altro movimento rivoluzionario studentesco, il Pora. Dietro il Pora, Vladislav Kaskiv. Dietro Kaskiv 60 milioni di dollari americani.
Dulcis in fundo, il Kyrgyzstan (quello che ha partecipato all’esercitazione militare congiunta). Siamo quindi tornati al 2005. Nel marzo – dopo un mese esatto dal vertice fra Putin e Bush – trionfa la “rivoluzione dei tulipani”. Indovinate chi c’è dietro? Edil Baisalov. E, come sempre, gli studenti: lanciano slogan, inventano simboli, offrono fiori alla polizia. E con slogan, simboli e fiori (più un piccolo contributo di 100 milioni di dollari statunitensi) mandano a casa il governo. I 15 anni della presidenza Akayev (iniziata con un plebiscito del 95% di preferenze) vengono cancellati in meno di due ore.
Altro incontro. Questa volta alla presenza di 200.000 persone. Siamo a Tblissi, capitale della Georgia. Il presidente Bush viene accolto da un bagno di folla in quella che prima era piazza Lenin e che oggi è stata ribattezzata Piazza della Libertà (non siate maliziosi!). A fare gli onori di casa Mikheil Saakashvili, il 36enne presidente della Georgia (laureato ad Harvard). Il più giovane presidente al mondo si è già dichiarato filoamericano. I 100 milioni di dollari che gli USA versano annualmente alla Georgia – attraverso vari progetti umanitari – sono un motivo più che buono per dichiararsi filoamericani. Il fiume di denaro lo convince a meglio chiarire il concetto: “Vogliamo le basi russe fuori dalla Georgia.” I russi se ne vanno, gli americani restano. Il governo statunitense, infatti, ha una base militare strategica proprio in Georgia. Fai ciao ai compagni russi, ciao ciao!
Adesso, secondo voi, cosa accadrà in Kyrgyzstan dopo la “rivoluzione dei tulipani”? Anche lì la Russia ha una base militare… anche lì gli Stati Uniti partono avvantaggiati. Il governo è diventato filoamericano e la loro base è già dieci volte più grande di quella russa. Inoltre, con la guerra in Afghanistan, la base è divenuta un punto di appoggio strategico di primaria importanza. Ve l’immaginate che responsabilità? Come fai a dire di no? Dici di sì, anche se poi vai a fare un’esercitazione militare congiunta con russi e cinesi.
C’è un altro incontro che non va trascurato. Quello fra Giga Bokeria, il leader della rivoluzione georgiana, e Anatoli Lebedko, uno dei principali oppositori del governo bielorusso. All’ordine del giorno, manco a dirlo, il piano di innesco di una nuova rivoluzione colorata. La Bielorussia, infatti, è la prossima della lista. E dopo la Bielorussia ne verranno altre. E forse, alla fine, toccherà anche alla Russia. Per capire quando, basterà seguire gli incontri clandestini del movimento studentesco Oborona. A tal punto temuto dal Cremlino che il governo ha sentito il bisogno di difendersi costituendo in fretta e furia un movimento di sostenitori di Putin, il Nashi. Insomma, Mosca è sotto assedio? Gli americani, in effetti, te li trovi dappertutto. Nella disgregazione dell’universo degli stati satelliti di Mosca, nei Balcani, nel fronte mediorientale, nello scudo spaziale.
Realisticamente, come fai a dire a Putin di tenere a terra i suoi Tupolev? Non puoi. Come fai a provare simpatia per un movimento studentesco finanziato direttamente dagli americani e addestrato alla rivoluzione con rudimenti di marketing e azioni di “guerriglia mediatica”? Non puoi. Così accetti anche i bombardieri russi. Venti in più, venti in meno che ti cambia?
Salvo poi scoprire che durante le manifestazioni degli attivisti di Oborona molti studenti vengono arrestati dalle “forze speciali”. Le “forze speciali” sono quelle tristemente note per le operazioni condotte in Cecenia. E la Cecenia riapre vecchie ferite, vecchi traumi psicologici.
Salvo leggere di un altro incontro, avvenuto poco prima del discorso di Putin sul pattugliamento remoto. Questa volta si tratta di qualcosa di più di un incontro. Di una fusione si tratta. Della fusione fra le aziende Tupolev, Ilyushin, Sukhoi, MiG, Yakovelv… La fusione darà vita ad una holding statale. La holding arriva al momento giusto per ricevere la commessa di 4500 nuovi aerei all’anno.
Fate segno col ditino, forza! Fate segno con il medio!

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