Così parlò Zarathustra

Prima premessa: amo il cinema. Seconda premessa: amo il cinema di Kubrick. Ma il mio approccio alla settima arte non è avvenuto in modo indolore. Ricordo esattamente la prima volta in cui ho visto “2001: odissea nello spazio”. È passato parecchio tempo da allora.

L’aspettativa è grande. Immagino un film di epiche battaglie fra pianeti, astronavi, raggi laser ed esplosioni. Nei momenti di calma… crociere intergalattiche, mostruosi marziani o simpatici venusiani.
Quando il film inizia, davanti alla tv ci siamo solo io e mio padre. Le donne dirottate in camera da letto. Scivoliamo beati lungo lo schienale delle rispettive sedie, distendiamo le gambe sotto il tavolo e ci immergiamo con entusiasmo nella visione. Dopo qualche minuto uno scimmione ipereccitato (sul cui trucco avrei avuto qualcosa da ridire) scopre un diverso modo di utilizzare la tibia altrui (o era il femore? chissà). Grazie all’intuizione il nostro antenato riesce a proiettare in cielo un osso residuo.
La telecamera ne segue le evoluzioni aeree… uno, due, tre giri mentre le note di “Also sprach Zarathustra” sottolineano la drammaticità della scena. Naa, naaa, na-naaaaaaaaaaaaa! Dum! Dum! Dum!
“Ecco ecco” penso “ci siamo, adesso parte, adesso parte, vai con l’adrenalina!” Come non detto. L’astronave c’è ma non succede nulla. Gli uomini parlano (raramente) e agiscono a velocità ridotta. Anche i cervelli elettronici elaborano a rilento. Le immagini scorrono.
Guardo mio padre, lui guarda me. Nessuno dei due osa chiedere all’altro: “ma che roba è?”. E poi tutto si complica ulteriormente. Il vecchio, il bambino, il monolite… the end.
Boh.

Comunque tutto questo per dire che un capolavoro, sebbene universalmente riconosciuto come tale, può anche non piacere. Secondo Man Ray si odia un’opera d’arte perché la si è capita oppure perché non la si è capita. Mi permetto di aggiungere che la si può anche amare (o dire di amarla) senza averla affatto capita.
Per lungo tempo ho odiato “2001” perché era un film che non avevo capito. Perché era qualcosa di completamente diverso da ciò cui ero abituato.
Oggi, ormai annoverabile tra i milioni fan di Kubrick (senza per questo pretendere di averlo capito), mi capita di ascoltare gente che suda le sette camicie per dimostrare di appartenere alla schiera di quelli che lo amano perché lo capiscono. E ti tengono lì, inchiodato alla sedia, a subire indicibili torture concettuali… Psicanalisi, filosofia, estetica. E giù a parlare, parlare… allora ridivento bambino, e smetto di ascoltare.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...