La conquista del pane

Dopo aver conosciuto Bakunin, con Kropotkin è stato tutto più facile… e da ogni punto di vista. È più conciliante e anche più digeribile. Ammettiamolo, è grazie a lui se quelli come noi, almeno una volta nella vita, hanno avuto la tentazione di definirsi (pur senza esserlo) anarchici.
Permettetemi: se in un periodo (primi del ‘900) dominato dalla teoria dell’evoluzionismo darwiniano – in campo scientifico – e dal socialismo scientifico (metodo dialettico, determinismo economico, etc.) – in campo politico – è esistito un uomo fissato con la compatibilità dell’anarchia con sviluppo e metodi scientifici, ai giorni nostri mi deve essere concessa la possibilità, almeno una volta, di definirmi (pur senza esserlo) un po’ anarchico.
Sono tanti, infatti, quelli ancora convinti della necessità di una lotta costante (sia biologica che sociale) fra individui e classi. Lotta che, manco a dirlo, porterà alla vittoria del più forte sul più debole.
E se uno come me (lavoratore, studente, stagista, nullafacente, piccolo-borghese, anticonformista, omologato… scegliete voi) vi dicesse che i rapporti fra uomini devono essere (per natura) di cooperazione e solidarietà?
Un ingenuo, direste. Va bene, concesso. Non sto parlando di Bakunin, infatti, ma di Kropotkin. E, come lui, mi piacerebbe pensare che la struttura dell’universo sia priva di un centro specifico di forza (o direzione della forza), priva di gerarchia e basata esclusivamente su rapporti di armonia fuoriusciti da un casuale equilibrio… equilibrio regolato da fenomeni anziché da leggi. Mi piacerebbe pensare, almeno una volta nella vita, che la società nasca da un istinto innato e la morale dall’esigenza di conservazione della specie. E che gli esseri umani agiscano moralmente solo quando cooperano al bene comune.
Mi piacerebbe pensarlo perché è facile capirlo. Perché è facile capire che in una società generata da un istinto innato – e a sua volta capace di produrre spontaneamente rapporti di armonia e respingere ogni forma di cristallizzazione – il benessere, oltre certi livelli di consumo, non aumenta con l’incremento del consumo stesso.
E non è anarchica la società in cui la diffusione del benessere coincide con la riduzione dello sforzo umano impiegato per la produzione? Non è anarchica la situazione in cui tutti, al contempo, diventano produttori, ricevono un’educazione che rende accesibili arte e scienza, godono del tempo libero necessario alla propria evoluzione? Non è anarchia il solo fatto che sia possibile trovarsi d’accordo su tutto questo?

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