Ma Gor’kij non se ne cura. Come “geoottimista” (uno dei soprannome di cui andava fiero) si attende ogni bene dal rimodellamento della superficie terrestre. Dona all’Unione Sovietica una letteratura appropriata, che regola i conti con gli sperimentalismi degli anni venti. La forma è sostituita dal contenuto, i libri che vedono la luce sotto la sua supervisione hanno soggetti concreti (“stanno con le gambe ben piantate nella realtà materialistica”). Parlano di una società in transizione e sono caratterizzati da un linguaggio diretto, Basta guardare i numerosi punti esclamativi. Il punto esclamativo sta vivendo un’ascesa irresistibile. La lingua russa ha ricevuto una frustata sotto la regia di Gor’kij, l’estetica proletaria è l’estetica della costruzione e della produzione. La costruzione e il processo produttivo hanno una bellezza intrinseca. Una diga di sbarramento alta quaranta metri su un fiume non è forse bella da togliere il respiro?
[Frank Westerman, Ingegneri di anime, Feltrinelli 1996]