Avevamo sette quadri di un metro per settanta centimetri ognuno. Rappresentavano Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse-Tung, Gramsci e Togliatti. Discutemmo a lungo.
Chi diceva: “Tiriamo via Stalin”. Chi suggeriva: “Tiriamo via i morti e lasciamo solo i vivi”, che erano Mao e Togliatti. Chi obiettava: “E i vivi, poi, cosa faranno, come si comporteranno? Non lo possiamo sapere…”
Alla fine li togliemmo tutti quanti. Decidemmo di spogliare la sezione di tutte le immagini umane, di rompere con qualsiasi culto della personalità. E procedemmo immediatamente a sgomberare le pareti.
Io afferrai il quadro di Stalin e cominciai a tirare. Ma non si voleva staccare dal muro. A causa della condensa, si era come ossidato incollandosi all’intonaco. Alla fine riuscii a svellerlo, ma sulla parete rimase egualmente l’effige di Stalin, perché l’inchiostro era stato assorbito dalla calce. Restammo allibiti. Uno disse: “Bisogna tirare giù il muro!”.
E un altro: “Soncamé, a tiran zå tótta la Cà dal pòpol!”.
[Mauro Olivi, Il comunista che mangiava le farfalle, Pendragon 2011]