Ma non s’accorge di lui per niente,
qualunque cosa faccia: lo riceve
a casa come gli altri apertamente,
in società gli parla appena e breve;
gli rivolge un saluto qualche volta,
ma spesso non lo nota e non lo ascolta;
non v’è in lei ombra di civetteria:
non permette il gran mondo che ci sia.
Sempre più il nostro Eugenio impallidisce:
ella non prova pena oppur non vede;
Eugenio è già malato e quasi cede
al male, si consuma, dimagrisce.
Dai medici lo mandano, e costoro
gli consigliano i bagni tutti in coro.
[Aleksandr Puškin, Eugenio Oneghin, traduzione di Ettore Lo Gatto, Quodlibet 2008]