Nel Mercato Fluttuante di Bangkok, ogni mercante sta su una piccola piroga immobile: vende minute quantità di cibo: dei grandi di cereali, qualche uovo, banane, cocco, manghi, peperoni (senza parlare dell’Innominabile). A partire da lui stesso, sino alla sua merce, passando per il battellino, tutto è piccolo. Il cibo occidentale, accumulato, reso degno, gonfiato sino alla meastosità, legato sempre a qualche operazione di prestigio, tende spesso verso il grosso, il grande, l’abbondante, il prosperoso. L’orientale segue invece il movimento inverso, si dispiega fin verso l’infinitesimale: il futuro del cetriolo non è il suo ammassamento o il suo addensarsi, ma la sua divisione, il suo sottile smembramento, come viene suggerito in questo haiku:
Cetriolo tagliato.
Il suo succo cola
Disegnando zampe di ragno.
Insomma, c’è la convergenza del minuscolo e dele commestibile: le cose non sono piccole che per essere mangiate, ma esse sono anche commestibili per compiere la loro essenza, che è la minuzia.
[Roland Barthes, L’impero dei segni, Einaudi 2002]