Quando immagino un popolo fittizio, posso attribuirgli un nome inventato, trattarlo dichiaratamente come un oggetto romanzesco, fondare una nuova Garabagne, in modo da non compromettere alcun paese reale nella mia fantasia (ma allora è questa stessa fantasia ch’io comprometto, nei segni della letteratura). Posso anche, senza pretendere assolutamente di rappresentare o analizzare la minima realtà (sono questi i fondamenti principali del discorso occidentale), prelevare in qualche parte del mondo (laggiù) un certo numero di tratti e formare deliberatamente un sistema. Ed è appunto questo sistema che io chiamerò il Giappone.
[Roland Barthes, L’impero dei segni, Einaudi 2002]