In esergo al “Repertorio dei matti della città di Bologna” è riportata una frase di Giorgio Manganelli: «È ovvio che non si valuta un matto: non si dice “costui è un matto bravo”, non ci sono matti migliori di altri; un matto è un capolavoro inutile, e non c’è altro da dire».
Si tratta di una dichiarazione programmatica. Paolo Nori, curatore del libro, aveva questo in mente: rintracciare i capolavori inutili della città di Bologna – quelli che generalmente non entrano nei libri – e raccontare le loro storie. Storie preziose, tanto per i personaggi illustri quanto per i matti sommersi. Perciò ha chiesto agli autori del repertorio di trasformarsi in cronisti medievali della contemporaneità. In che modo? Girando per la città, entrando nei bar, frequentando le biblioteche, avventurandosi nelle tabaccherie, salendo sugli autobus e dopo ascoltando, intervistando, registrando. Infine scrivendo, ma senza sentimento, con imparzialità.
In questo modo, senza mai preoccuparsi di evocare il concetto di Bolognesità, e anzi tenendosi alla larga da soluzioni facili e un po’ abusate, è emerso in modo naturale quello che Norberg-Schulz chiama «genius loci».
Non a caso l’esperimento è stato replicato per le città di Milano, Roma, Torino, Genova, Napoli, Cagliari. Fra l’altro Paolo Nori ha sempre richiamato la lezione di Roberto Alajmo, autore del “Repertorio dei pazzi della città di Palermo”.
E tutte queste città, con tutti i loro matti, aiutano a capire perché, a proposito di questo progetto, Nori si diverta a citare l’opera n. 13 delle “Opere complete di Learco Pignagnoli” di Daniele Benati: «Opera numero 13. Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana. E poi anche te sei un po’ strano».
Mauro Orletti
[Paolo Nori, Repertorio dei matti della città di Bologna, Marcos y Marcos 2015]