C’erano poche cose alle quali il compagno Engels teneva particolarmente e una di queste era che le sue camicie fossero lavate con ammorbidente. Per questo motivo sperimentò varie ricette e alla fine trovò la formula più adatta per un ottimo detersivo fatto in casa. La ricetta prevedeva l’impiego di 300 grammi di sapone di Marsiglia, 150 grammi di percarbonato di sodio e 150 grammi di bicarbonato di sodio. Come ammorbidente, invece, consigliava l’uso di acido citrico in polvere, diluito in acqua in proporzione del 10%.
Questa particolare attenzione per l’abbigliamento, biancheria inclusa, venne spesso ridicolizzata dai suoi detrattori. Circolavano strane voci su casa Engels: che i suoi ospiti si lavavano denti, viso e mani tutti i giorni, che facevano il bagno ogni settimana, che indossavano abiti freschi di bucato almeno una volta al mese.
E dopo, quando si venne a sapere del detersivo alla Engels e dell’ammorbidente alla Engels, del percarbonato di sodio e del sapone di Marsiglia, dall’ironia si passò alla denigrazione. Ai giornali arrivarono lettere anonime che lo accusavano di essere diventato il più vile membro della più inutile classe sociale: la borghesia “intellettuale” dei piccoli proprietari industriali e agricoli, commercianti in città e usurai nelle campagne.
La verità era un’altra. Dopo l’esperienza inglese Engels conosceva bene le durissime condizioni di vita degli operai dei saponifici di Marsiglia. Però, come nella rivoluzione industriale inglese, l’impulso all’industria (in questo caso del sapone) avrebbe stimolato la presa di coscienza della classe operaia e la fuoriuscita dalla condizione d’ignoranza nella quale si trovava, una “condizione molto comoda e romantica ma indegna di uomini”. Anche a Marsiglia gli operai avrebbero guardato alla fabbrica come al luogo d’inizio della liberazione, al centro d’irradiazione della riscossa. E così le morbide camicie di Engels avrebbero contribuito a fare degli operai marsigliesi l’elemento estremo e ordinatore dell’insurrezione cittadina “trascinandoli nel vortice della storia” (La situazione della classe operaia in Inghilterra, 1845).
Nel suo discorso Eliminazione del dogmatismo e del formalismo e il costituirsi dello Juché nel lavoro ideologico (28 dicembre 1955) Kim Il-sung riconobbe la funzione sociale del detersivo alla Engels che, in un certo senso, anticipava l’ideologia della “autosufficienza”. Il compagno Engels invitava le massaie europee ad essere artefici della morbidezza della biancheria di famiglia, il ju-ché chiedeva alle masse coreane di essere artefici dello sviluppo della nazione. Le stesse proporzioni indicate per la fabbricazione del detersivo fatto in casa venivano riprese dall’organo politico nord-coreano per la realizzazione del ju-ché: 2/4 d’indipendenza dalle superpotenze, ¼ di apparato militare e ¼ di ricorso esclusivo alle risorse nazionali.
Fra il detersivo alla Engels, il ju-che e il de-marketing di Angarsk corre un sottile linea rossa. Nella Siberia sud orientale, infatti, non lontano dal lago Baikal, si trova una fabbrica di saponi. Gli addetti allo sviluppo commerciale hanno fatto un ragionamento semplice semplice: i detersivi più conosciuti utilizzano tutti la stessa tecnica pubblicitaria: paragonare i loro prodotti – che lavano così bianco che più bianco non si può – al detersivo “comune”. Il detersivo comune è quello semplice, poco costoso, senza sostanze attive, granuli blu o profumi esotici. Il detersivo “comune” è quello che tutti possono preparare, basta avere in casa sapone di Marsiglia, percarbonato di sodio, bicarbonato di sodio. Il detersivo “comune” lava bianco, ma un bianco semplice, senza infamia e senza lode.
Insomma, la fabbrica di Angarsk produce oggi 60 mila tonnellate di detersivo l’anno, il “detersivo comune”. Così, sfruttando gli spot dei detersivi più noti, ha ottenuto pubblicità gratuita e invaso il mercato con tonnellate di detersivo “comune”. Il meno raccomandato dalle massaie, il più gradito al compagno Engels.
[Mauro Orletti]