L’Italia, ha detto Marchionne qualche tempo fa a Che tempo che fa, è al 118° posto (su 139 paesi) per efficienza del lavoro e al 48° per competitività.
Penso che l’intenzione di Marchionne, e chiedo scusa per il processo all’intenzione, fosse quella di indurre il pubblico a pensare Eh, per forza, perché i lavoratori italiani son degli sfaticati e non bastano tutti i Marchionne del mondo per raddrizzare la situazione.
Le classifiche sono un po’ così. E ce n’è di tutti i tipi. Sulla libertà d’informazione, sulla qualità delle università, sulla mortalità stradale, sull’efficienza del lavoro, sul numero delle nascite, sul consumo della birra, sull’uso e l’abuso di psicofarmaci, sulla condizione delle carceri, sulla qualità della vita, sulla libertà economica, sulla semplicità di fare affari, sulla corruzione, sull’efficienza della giustizia, sul carico fiscale, sul consumo di preservativi.
In genere, in tutte queste classifiche, il punto di riferimento è un piccolo stato, in genere del terzo mondo, in genere il Ghana.
L’Italia è al 118° posto su 139 paesi per efficienza del lavoro, subito dietro il Ghana. Non so se sia vero, che è dietro al Ghana, lo scrivo per fare un esempio (mentre sono sicuro che è dietro Cipro, Puerto Rico, Polonia, Repubblica Ceca, Lettonia e Tunisia). Lo scrivo per dire che nelle classifiche internazionali (e non solo) succede sempre così: se l’Italia è dietro al Ghana, vuol dire che va tutto a catafascio. Ed è strano perché, per dire, io non ho la minima idea di quale sia la situazione reale del Ghana. Certo, dovessi tirare a indovinare, direi che la situazione è molto critica. Però poi, se qualcuno mi chiedesse come faccio a saperlo, toccherebbe rispondere Ma non le leggi le classifiche internazionali? Il Ghana è al 117° posto su 139 paesi per efficienza del lavoro, e subito dopo, al 118° posto, c’è l’Italia. Quindi, ad essere sinceri, il mio giudizio sul Ghana non è altro che un giudizio indiretto espresso sulla base di un giudizio che riguarda un altro paese e cioè l’Italia. È come se per parlare del Ghana parlassi invece dell’Italia.
Anche questo è un esempio. Non so nemmeno se c’è il Ghana fra i 139 paesi della classifica citata da Marchionne. Però se ci fosse, secondo me, sarebbe interessante andar lì, in Ghana, mostrare la classifica ad un cittadino, uno qualunque, e poi chiedergli cosa ne pensa. Magari salta fuori che loro, in Ghana, quando escono queste classifiche internazionali, dell’Italia se ne infischiano e guardano quanto li separa che ne so, dall’Ucraina oppure dal Belgio.
Divagazioni a parte, se uno volesse capire cosa c’è dietro una classifica internazionale, dovrebbe prendersi la briga di scoprire chi l’ha stilata e con quali criteri.
Per esempio la classifica sulla competitività citata da Marchionne viene stilata dal World economic forum, un’associazione di imprenditori, banchieri e manager. E quindi questa classifica è basata sui giudizi espressi da imprenditori, banchieri e manager. E questi giudizi non riguardano direttamente la competitività, ma altri aspetti che poi, combinati, dovrebbero fornire un quadro abbastanza preciso sulla competitività di un paese. Chessò: il mercato finanziario, la giustizia fiscale, il grado di corruzione, la competitività ambientale, la pubblica amministrazione, l’innovazione tecnologica, i costi del lavoro. E lo stesso discorso vale per la classifica sull’efficienza del mercato del lavoro (efficienza… diciamo pure flessibilità). Che naturalmente è una cosa diversa dall’efficienza dei lavoratori.
Va da sé che Landini, ora io non ho parlato con Landini, ma immagino che anche lui abbia una classifica stilata dalle organizzazioni dei lavoratori che evidentemente dice delle cose diverse, dice ad esempio che gli operai italiani sono i più intelligenti ma i peggio retribuiti in Europa (però davanti al Ghana).
Comunque, senza citare classifiche internazionali, il segretario generale della FIOM ha rilasciato varie interviste in cui prova a rispondere a Marchionne e naturalmente dice delle cose un po’ diverse dall’amministratore delegato Fiat. Dice per esempio che non è vero che dall’Italia non viene un euro di utili perché Ferrari, Iveco, Cnh, solo per fare degli esempi, sono tutte azienda sane che fanno utili. Il comparto auto, invece, non fa utili ma lì non c’è da stupirsi visto che il ricorso alla cassa integrazione è pesantissimo. Ecco, per esempio, a proposito di lavoratori, quei gran fannulloni, questa è una cosa interessante. Uno potrebbe anche capire il discorso sulla produttività se non ci fosse la cassa integrazione. Ma insomma, se fai la cassa integrazione, come ci riesci a tenere in piedi un discorso sulla produttività? Se fai la cassa integrazione vuol dire che non hai bisogno di produrre, anzi, vuol dire che devi ridurre i volumi perché il prodotto resta invenduto. E allora, se non vendi, se non fai utile, come fai a dire che il problema è un problema di produttività?
In questo momento qui La Fiat non vende, o meglio, non vende come gli altri (perché Volkswagen e Renault vendono, eccome, la prima ha già realizzato 4,8 miliardi di profitto operativo – l’obiettivo 2010 è 6 miliardi – mentre la seconda, che pure viene da una crisi nera, ha già visto le vendite aumentare del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), e non c’è niente da fare. Perciò, possiamo anche triplicare la produzione a Pomigliano nei primi quattro mesi dell’anno, ma poi cosa facciamo? cassa integrazione negli altri otto?
Nel rispetto della par condicio il neo-segretario generale della CGIL viene intervistato da Fazio a Che tempo che fa. Ed anche lei dice delle cose, ci mancherebbe, delle cose che a sentirle, non è che uno possa dire no, non sono d’accordo, cioè, dice delle cose, niente da dire, per carità, ma appunto, ecco il problema: niente da dire.
Io mi sarei aspettato un risposta nel merito, esempi concreti, invece niente. I valori, il lavoro, il diritto, il futuro, i giovani, il precariato… sì, va be’.
Signora Camusso, dall’altra parte c’è un tizio che dice che la Fiat senza l’Italia farebbe meglio, che la Fiat non prende un soldo dallo Stato, che i soldi che ha preso li ha già restituiti (come? quando?), che lavora 18 ore al giorno (le ricorda niente?).
Signora Camusso, perché non ha parlato dello stabilimento di Pratola Serra? Che fino a l’altro giorno lavorava su tre turni, sei giorni su sei, non conosceva conflittualità, attuava il modello partecipativo della fabbrica integrata giapponese, nel 2007 produceva 517 mila motori, nel 2008 – a causa di un calo della richiesta – ne ha prodotti 345 mila, poi nel 2009 è scesa a 178 mila, e nel 2010, probabilmente, calerà ancora?
Perché non ha chiesto cosa c’è di sbagliato in uno stabilimento che, secondo la teoria di Marchionne, è uno stabilimento modello che garantisce una produttività altissima e quindi, in teoria, dovrebbe attirare investimenti a pioggia?
Perché non ha chiesto se, magari, il problema non è un altro, se, magari, il problema non riguarda scelte manageriali… chessò, la dismissione della produzione dei motori destinati alla General Motors (naturale conseguenza dello scioglimento dell’alleanza fra le due compagnie)?
Perché non ha chiesto cosa accadrà quando Pratola Serra smetterà di produrre i motori Alfa montati a Pomigliano?
Perché non ha chiesto come mai i motori della Panda verranno prodotti in Polonia nonostante la produttività alla FMA di Pratola Serra (che fra l’altro è vicinissima a Pomigliano) sia sempre stata altissima?
Allora, non è per far demagogia, ma visto che siamo in tema di classifiche potrebbe forse interessare la classifica stilata dal sole 24 ore sugli stipendi dei manager nel 2009 (classifica provvisoria in base ai bilanci disponibili), consultabile qui oppure, per par condicio, la classifica sulla fiducia degli italiani nelle istituzioni, riportata da Adnkronos e stilata dall’Istituto Piepoli, secondo la quale al primo posto ci sono le Forze dell’ordine, al secondo Confindustria (a parimerito con la Chiesa cattolica… sarà un caso?), al terzo posto la magistratura, poi la Banca d’Italia, poi il Parlamento europeo, poi (molto poi) il Parlamento nazionale, in fondo alla classifica, molto in fondo, guarda un po’, i sindacati.
