Volevo fare il medico. Poi ho deciso che non ne valeva la pena. Ho apprezzato Giorgio. Poi ho capito che non meritava la scena. Mi sono entusiasmato per Tristan. Poi l’ho disconosciuto. Ho lanciato Salvador. Poi ho capito che non avrebbe mai ammesso che il surrealismo sono io. Ho fatto amicizia con Louis, Philippe, Paul, Francis, Benjamin. Poi ho litigato con Louis, Philippe, Paul, Francis, Benjamin. Però adesso Benjamin riposa qui vicino. A Vienna ho conosciuto Sigmund. Non ho fatto in tempo a litigare con Sigmund. Ho aderito al partito. Ho lasciato il partito. In Messico ho conosciuto Léon. In Messico è morto Léon.
Jean era un noto falso poeta, Antonin un quasi-crudele. Pablo era crudele per davvero e si considerava anche un poeta. E forse lo era sul serio. Amedeo poteva resistere un po’ di più, Max anche un po’ meno. Ho litigato anche con Max. Peggy era una ricca viziata, Nadja una pazza internata.
Guillaume ha avuto l’idea e, senza lui, non ci sarei stato nemmeno. Se l’è portato via la febbre spagnola, prima che io cominciassi anche solo a ragionare. Ora riposa lì, insieme ad Amedeo, a Max, a Paul, a Marcel… Mi hanno detto che c’è anche un Jim, ma non so bene chi sia.
Io e Benjamin riposiamo qui, un po’ più distante. Da qui si vede la differenza fra l’arte che si ricorda e quella un po’ più marginale, un po’ più tangenziale. Non è che io volessi essere sempre al centro dell’attenzione. Volevo che ci fosse coerenza, o perlomeno che gli altri avessero una coerenza che fosse la mia. Che la pensassero come me. Perché magari è una forzatura, però la coerenza è quella che ci manca, che vi manca ancora adesso dopo qualche decennio.
Volevo fare il medico e volevo che le mie ceneri fossero sparse nel mare, di fronte alla costa bretone. Lo voleva pure Yves, che in Bretagna ci passava l’estate. Poi conobbe Kay e finì i suoi giorni in Connecticut. Nessuno di noi, voleva essere marginale.
Per questo riposo un po’ male, adesso, sotto la tangenziale.
