Mens et manus

C’era una volt il MIT, Il Massachusetts Institute of Technology, nato a Cambridge (MA, USA) sulle sponde del Charles River nel lontano 1861. Con il suo Mens et Manus ha contribuito non poco (ad oggi qualcosa come 63 premi Nobel tra i suoi laureati) all’ingresso della razza umana nell’era della scienza applicata, dell’informatica, della genetica e Dio solo sa cos’altro.
Per citare alcuni traguardi della ricerca condotta al MIT, di cui facciamo ogni giorno un uso forse inconsapevole, basti pensare all’applicazione della logica Booleana ai circuiti digitali, alla cibernetica, all’intelligenza artificiale, alla sintetizzazione della penicillina ed al Progetto del Genoma Umano.
Con la sua filosofia del trasmettere una conoscenza utile e del learning by doing, certamente il MIT è risuscito lì dove altre istituzioni accademiche, ben più antiche e dal forte blasone storico come la bolognese Alma Mater o la parigina Sorbonne, hanno avuto qualche difficoltà a causa dell’incapacità di scrollarsi di dosso una visione classica della trasmissione del sapere; il MIT è diventato una fucina di cervelli che, finalmente, non lavorano disgiuntamente dalle proprie mani.
Il tripudio dell’approccio sperimentale insomma.
Eppure, nonostante l’indiscusso valore, ai signori del MIT non si può attribuire il merito di aver tracciato una via nuova; questo perché uno strambo personaggio pisano, vissuto a cavallo del 1500-1600, si permetteva il lusso, per l’epoca, di ragionare così:
Mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie.
Le sensate esperienze di Galilei (manus) non sono altro che il metodo. Il metodo consiste nel ricorrere ai sensi, alle osservazioni, alle esperienze. Ma ciò che rende sensate queste esperienze non sono, banalmente, i sensi stessi. L’immediatezza sensoriale, infatti, non garantisce nessuna verità se sganciata da premesse teoriche. Solo da queste premesse discendono le argomentazioni con cui dedurre le conseguenze osservabili poi nella realtà… le necessarie dimostrazioni, appunto (mens).
Più facile a dirsi che a farsi. Quando Galilei decide di difendere le tesi copernicane è costretto a contraddire l’immediata apparenza dei fatti, a contraddire la ragione su cui il metodo avrebbe dovuto fondarsi.
Il metodo Galilei, insomma, contraddice i sostenitori del razionalismo deduttivistico duro e puro. Contraddice chi – formulate delle proposizioni generali a priori – crede di cavarne fuori ogni verità senza farsi aiutare dall’esperienza. E d’altra parte smentisce anche quelli convinti che dalla semplice osservazione e classificazione dei dati raccolti (attraverso gli esperimenti) debba saltar fuori la legge. Chi l’ha detto che deve per forza saltar fuori la legge?
Galilei non è di questo avviso. Galilei prende il rigore deduttivo e lo mescola con la libertà del metodo scientifico. Quello che ne viene fuori è un empirismo capace di indagare la realtà zigzagando fra teoria, mito ed elementi di psicologia umana (manipolazioni mentali vere e proprie: l’esperimento della caduta dei gravi, è bene saperlo, non è avvenuto nella realtà… ma solo nella sua mente). Feyerabend ne rimane affascinato, lo considera ambasciatore perfetto di una teoria anarchica della conoscenza.
Anche Brecht prova per Galilei una sconfinata ammirazione. Le recenti scoperte nel campo della fisica (il fisico Otto Hahn è arrivato alla scissione dell’atomo di uranio) suscitano grande scalpore negli anni ’30. Brecht, tuttavia, non vuole occuparsi di Galilei per arrivare a porre, indirettamente, interrogativi morali sulle colpe della scienza alle soglie dell’era atomica. A Brecht interessa lo scienziato che tenta di ingannare la Santa Inquisizione, che tenta di diffondere la verità nonostante la violenza e la censura oscurantista, che tenta di trasmettere conoscenze utili. L’opera teatrale “Vita di Galilei” è integralmente incentrata sul rapporto conflittuale scienziato-società. Uno scienziato che si rispetti deve prendere in considerazione ipotesi teoriche e percettive inusuali per la società. Nel caso di Galilei, inusuali per la cultura e la cosmologia a lui contemporanee. La teoria copernicana dell’eliocentrismo è in scandaloso contrasto con il geocentrismo Platonico e con le teorie tolemaico-aristoteliche accanitamente difese dalla Chiesa cattolica in quanto perfette giustificazioni alla grandezza di Dio. La Terra, in quanto creazione di Dio, deve essere centro dell’universo, pianeta attorno al quale ruotano tutte gli altri corpi celesti.
Le sensate esperienze e le dimostrazioni necessarie di Galilei, a ben vedere, sono assolutamente inconciliabili con il linguaggio convenzionale di una società sulla quale agiscono i dogmi della Chiesa cattolica. A causa di questa inconciliabilità Galilei viene condannato alla pena di morte, pena tramutata in isolamento forzato grazie all’abiura delle sue tesi. Che, ciononostante, continuano a diffondersi.
Chiedetelo a quelli del MIT statunitense. Chiedetelo pure a quelli del MIT bolognese (Movimento Italiano Transessuali). Un quotidiano locale riporta la notizia che, a breve, il capoluogo emiliano si renderà teatro di una sperimentazione a livello nazionale che prevede l’istituzione di una Casa per accogliere i transessuali di tutta l’Italia. Questo perché, secondo quanto sostenuto da Marcella Di Fosco, esponente del MIT, i transessuali necessitano di strutture diverse da quelle normalmente adibite al ricovero delle “normali” prostitute.
La scienza, andando oltre il postulato del disturbo della sessualità, considera il transessuale un soggetto biologicamente normalissimo che – convinto di appartenere all’altro sesso (mens) – ne assume figura e comportamenti, desiderando (in virtù delle sensate esperienze che ne derivano… manus) di cambiare la propria conformazione anatomica. L’intervento chirurgico serve dunque a modificare il (mettere mano al) proprio corpo adeguandolo all’immagine che di se stesso il transuessuale si è fatto.
Le Chiesa, che dai tempi di Galilei ha fatto parecchi passi avanti, si è accontentata di commentare per bocca delle locali gerarchie ecclesiastiche: “il male va estirpato alla radice e non regolamentato”. E se avesse ancora a disposizione la Santa Inquisizione saprebbe sicuramente come estirparlo.
Una questione di linguaggio e, come si è visto, anche una questione di metodo.
Certo il MIT, dalle sponde del Charles River a quelle del Reno, continuerà a far parlare di sé. Nel campo della robotica… e non solo. Si parlerà di seni incredibili spuntati lì dove una volta c’erano petti villosi o natiche che sfidano impunemente la forza di gravità. Anche questi son miracoli, pardòn, prodigi. Qualcuno poi, come già accaduto in passato, seguirà alla lettera il concetto del learning by doing. E, come dimostrano recenti accadimenti, si tratterà per lo più di manager, ministri del governo e ministri di Dio.
Per lo che, vo’ io pensando che questi sapori, odori, colori etc., per la parte del soggetto nel quale ci par che riseggano, non siano altro che puri nomi, che tengono solamente lor residenza nel corpo sensitivo, sì che rimosso l’animale siano levate ed annichilate tutte queste qualità.
Lapo Elkann (o era Galileo Galilei?)

[L’elaborazione grafica è di: Fotone (fotone@alice.it) ]

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