Bettina si trucca poco, ma quando lo fa risulta piacevolissima, e sprigiona un erotismo singolare, nascosto nella sua estrema magrezza degli arti, nel corpo ossuto e sottile, che ricorda una specie di lastra ai raggi X attraversata dalla luce, e nelle mutandine pudiche da adolescente, talvolta consunte, che non getta fino a che non svolgono più la loro funzione, e che si intravedono fuori dai pantaloni quando si deve chinare per qualche motivo; erotismo che raggiunge l’apice in una voglia pelosa posizionata nell’incavo sinistro del bacino e del tutto simile a una seconda vulva, perché anche la pelle in quel punto lì s’arriccia un po’.
È circondata di uomini che vorrebbero passarci una notte d’amore, soltanto per quel segreto, i quali s’appropriano dei suoi oggetti in apparenza privi di valore, pur che siano venuti a contatto con le sue membra interne; tanto che ci sono di quelli più depravati di altri che la seguono e entrano nel bagno dove Bettina è appena passata, e lì al buio si strofinano sui sanitari ancora tiepidi o rimestano il pattume alla ricerca di un filo interdentale, un assorbente usato, un cerottino insanguinato. Quel sesso in più la valorizza, si vocifera tra gli spasimanti, è una garanzia di esclusività che li ammattisce nel profondo.
Da qualche tempo, a notte tarda, Bettina riceve una chiamata telefonica sconcia, o forse solo disturbata nel segnale, in cui si sente uno strofinìo lanoso, perciò anche un po’ elettrostatico, come se dall’altro capo del filo, la cornetta venisse strofinata lentamente e con decisione su un tessuto morbido e si caricasse di elettricità.
A Bettina la cosa non dà fastidio e neppure spaventa, benché l’ora tarda potrebbe far pensare a un degenerato, anzi lei ci fantastica sopra, immagina che possa essere il suo capo, perché veste sempre con dei maglioni di lana a collo alto, e in ufficio le ordina le commissioni all’orecchio: le sembra che fra le altre parole le sussurri “ossicino”, “pelucco mio”, passandosi la mano sul collo sudaticcio e irritato.
Bettina allora lascia la cornetta poggiata sul comodino, non lontano dall’orecchio, e in quella tempesta di elettroni crepitanti immagina il corpo nudo del capo che al contrario del suo è grasso, tanto imponente che assorbe la luce circostante. E così si addormenta eccitata con il palmo della mano sulla voglia pelosa.