Come quei registi che fanno i film sui personaggi famosi. Un film sulla vita di Picasso, ad esempio, dove l’attore che interpreta il ruolo di Picasso dice in ogni frase la parola cubismo, che è una parola che Picasso non ha mai usato in vita sua. O un film sulla vita di Kafka, dove l’attore che interpreta il ruolo di Kafka dice in ogni frase parole come angoscia o assurdo, che sono parole che Kafka non ha mai usato in vita sua. Tutti film che non valgono un fico secco perché ritraggono questi personaggi non per quello che sono stati o per come si è svolta la loro vita ma solo in base agli elementi che hanno generato la loro fama e che sono poi rimasti appiccicati al loro nome
come barattoli alla coda di un cane. Io invece se girassi un film su un personaggio famoso innanzitutto non farei capire di che personaggio si tratta, e poi lo farei vedere nella balordaggine della sua vita quotidiana, mentre magari entra da un tabaccaio per comprare un pacchetto di sigarette oppure è là che gira in casa sua che non sa cosa fare; e tutto il film ruoterebbe intorno a questo giorno spaventoso in cui non sa cosa fare. E solo alla fine lo farei vedere là che cammina per una strada a testa bassa con due persone inquadrate in primo piano che lo guardano e stanno lì a guardarlo per un bel po’ fino a che una delle due non dice all’altra: Lo sai chi è quello là? E l’altra dice: No. E la prima dice: Quello là è Franz Kafka. (Oppure: Quello là è coso, Picasso.)
[Learco Pignagnoli, 14 Sensi e 26 Opere complete inedite, Almanacco 2016 – Esplorazioni sulla via Emilia, Quodlibet 2016]