– Pensi che non ci sia più tempo? – chiesi.
– E’ uno dei pericoli della questione. Può darsi che le particelle che hanno fatto ammalare nostro padre si siano radicate completamente su questi e altri oggetti, – spiegò sfiorando l’orologio e facendo un cenno enigmatico. – Allora, caro signore, non ci sarebbe più niente da fare. In situazioni come questa si usa dire: “passerà col tempo”, “se ne andrà come è arrivato”, “ci vuol tempo”, “il tempo fugge” o altre frasi; ma se la malattia consiste proprio nell’anormalità del tempo, che non passa perché è guasto, non si può sperare assolutamente in niente.Il vero tempo, infatti, si è bloccato, ed è finito in un punto dell’appartamento che non conosciamo. Quello che circola nelle stanze e fa muovere gli orologi è quello che il babbo sta perdendo, un tempo senz’altro di seconda mano, usato, quasi del tutto inutile.
[Maurizio Salabelle, La famiglia che perse tempo, Quodlibet 2015]