Fano, quindici miglia. Cittadina in una bella e fertilissima pianura sul mare, piuttosto mal costruita ma ben recinta. Vi fummo serviti benone con pane, vino e pesce; le camere non valgono nulla. In confronto alle rimanenti città costiere, come Senigaglia, Pesaro e altre, essa offre il vantaggio di disporre d’acqua dolce in abbondanza, con molte fontane pubbliche e private, laddove le altre sono costrette a ricercar acqua fin sui monti. vedemmo qui un gran arco antico, dove appare una dedica col nome di Augusto, “qui muros dederat”. Essa si chiama Fanum, ed era Fanum Fortunae.
Quasi in tutta Italia si abburratta per mezzo di ruote, sì che un mugnaio fa più lavoro in un’ora che da noi in quattro. E quasi in ogni osteria s’incontrano rimatori che improvvisano sul momento composizioni adatte agli astanti; gli strumenti musicali esistono in tutte le botteghe, fin dai rivenduglioli nei crocevia.
Questa città è celebre su ogni altra d’Italia per le belle donne; noi non ne vedemmo se non di brutte, e un brav’uomo del posto cui ne domandai, mi rispose che il tempo era ormai passato.
[Michel de Montaigne, Viaggio in Italia, BUR 2003]