“Il vangelo dice che Cristo aveva una borsa!”
“Taci tu con questa borsa che dipingete persino sui crocefissi! Cosa dici allora del fatto che Nostro Signore quando era a Gerusalemme tornava ogni sera a Betania?”
“E se Nostro Signore voleva andare a dormire a Betania, chi sei tu per sindacare la sua decisione?”
“No, vecchio caprone, Nostro Signore tornava a Betania perché non aveva danaro per pagarsi un ostello a Gerusalemme!”
“Bonagrazia, il caprone sei tu! E cosa mangiava nostro signore a Gerusalemme?”
“E tu diresti che il cavallo che riceve biada dal padrone per sopravvivere ha la proprietà della biada?”
“Vedi che paragoni Cristo a un cavallo…”
“No, sei tu che paragoni Cristo a un prelato simoniaco della tua corte, ricettacolo di sterco!”
“Sì, e quante volte la santa sede ha dovuto accollarsi dei processi per difendere i vostri beni?”
“I beni della chiesa, non i nostri! Noi li avevamo in uso!”
“In uso per mangiarveli, per farvi le belle chiese con le statue d’oro, ipocriti, vascelli d’iniquità, sepolcri imbiancati, sentine di vizio! Lo sapete bene che è la carità, non la povertà, il principio della vita perfetta!”
“Questo lo ha detto quel ghiottone del vostro Tommaso!”
“Bada a te, empio! Colui che chiami ghiottone è un santo di santa romana chiesa!”
“Santo dei miei sandali, canonizzato da Giovanni per far dispetto ai francescani! Il vostro papa non può far santi, perché è un eretico! Anzi, è un eresiarca!”
[Umberto Eco, Il nome della rosa, Bompiani 1986]