I cinque minuti più interessanti

Mi ricordo che una volta volevo scrivere un pezzo su Anna Achmàtova e allora ho iniziato a leggere delle cose, così, un po’ alla rinfusa, e poi alla fine la cosa più bella che ho trovato è stata la descrizione di un agente di polizia russo: «Di conoscenti l’Achmàtova ne ha molti, ma di amici stretti no. Per natura è buona e tende a sprecare, quando ha denaro, ma interiormente è fredda e superba. Ha un egoismo infantile. Per quanto concerne la vita quotidiana, è per lo più indifesa: rammendare una calza è un compito insolubile, e cuocere le patate è già un’impresa per lei. Nonostante la sua grande fama è molto timida. Cerca di non compromettersi politicamente, è orgogliosa che Stalin si sia già interessato a lei. È completamente russa. Non ha mai sconfessato i suoi sentimenti nazionali. Per le sue poesie non fa trattative con le redazioni. Detesta la casa degli scrittori e la considera un mucchio di mostruosi intriganti. Regge bene l’alcol, sia vino che vodka».
L’immagine della Achmàtova che tenta a fatica di rammendare una calza o di lessare delle patate è davvero commovente.
La cosa che ancora mi colpisce di questo resoconto è il fatto che non si capisce da che parte sta l’agente. Non si capisce cosa pensa di lei, come la giudica. È sempre in bilico. Una volta l’Achmàtova è buona, un’altra volta è fredda e superba. Una volta è imbranata e timida, la volta dopo diventa scaltra e attenta a non compromettersi politicamente. Il resoconto di una spia dovrebbe fornire notizie di un certo tipo, comporre un quadro compromettente. Invece no. L’Achmàtova non sa rammendare una calza però regge bene l’alcol, sia vino che vodka.
Non so cosa se ne facesse la polizia di un pezzo del genere, però è una gran bel pezzo di letteratura.
Ecco, leggendo Gli occhiali sul naso di Giovanni Maccari (Sellerio editore), ho provato un po’ la stessa cosa. Perché dentro questo libro, che narra la vita romanzesca dello scrittore Isaak Babel’ e dei suoi anni tempestosi, ci sono tantissime cose che non somigliano per niente alle cose che si trovano dentro alla biografie mentre ce ne sono tantissime altre che sarebbero perfette per un resoconto come quello lì sulla Achmàtova.
Per esempio c’è Babel che, a forza di stare in ginocchio sul divano, consuma i pantaloni; c’è un apicultore che non mangia la carne e offre del tè e del miele in favi a lui e alla sua Antonina Nikolaevna; c’è Antonina Nikolaevna che viene a sapere che Isacco (in realtà già morto) sarà liberato entro l’anno successivo e allora fa ricoprire il divano e le poltrone per accoglierlo; c’è un bazar dove si vendono le scimmie in certe gabbie laccate…
Ci sono molte cose così, che potrebbero essere vere come pure potrebbero essere false, cose che potrebbero essere vere e false allo stesso tempo ma che – al di là di questo – dicono di Babel’ molto più di quanto potrebbe fare una biografia ufficiale redatta con tutti i crismi di una biografia ufficiale. Del resto Isacco, come dice la figlia Natalia, era «avvolto in un mantello di enigmatiche ambiguità». Allora, per andare a fondo di queste enigmatiche ambiguità, è meglio affidarsi alle voci, alle delazioni, ai resoconti stenografici, alle cronache, ai materiali d’archivio, ai verbali d’interrogatorio, a tutti i si dice che in quel periodo, in Russia, fioccano sugli scrittori, sugli intellettuali, sui politici, sui militari, sulla gente comune.
In questo modo Maccari realizza il perfetto resoconto della vita di Babel’. Perfetto perché, pur occupandosi di uno scrittore che scrive libri in cui «mancano i combattimenti, le masse, i comunisti», dà voce a tutti, anche alle masse, anche ai comunisti, anche a quelli che, in quegli anni, scivolano in «quello strano imbuto» in cui si finisce senza neanche sapere chi ringraziare. Perfetto perché, in un certo senso, alimenta il parlare che si fa in Russia a proposito di uno scrittore che scrive pochissimo, pubblica pochissimo ed anche quando scrive e pubblica (dei racconti ad esempio), scrive e pubblica racconti che non parlano di niente.
«Diciamo che Tolstoj, dice Isacco, aveva la forza sufficiente per descrivere un giorno in tutte le sue ventiquattr’ore; mentre io “ho temperamento sufficiente solo a descrivere i cinque minuti più interessanti”».
Ecco, diciamo che Gli occhiali sul naso è un libro, o un resoconto, o una cronaca, o una delazione, o una somma di voci, di tutti i cinque minuti più interessanti della vita di Isaak Babel’. E a forza di cinque minuti è saltata fuori la vita di un uomo. Ed anche un pezzo di storia.

[Giovanni Maccari, Gli occhiali sul naso, Sellerio editore 2011]

Un commento

  1. Silvia

    “dà voce a tutti, anche alle masse, anche ai comunisti, anche a quelli che, in quegli anni, scivolano in «quello strano imbuto» in cui si finisce senza neanche sapere chi ringraziare”

    ma i ‘mbuti da dove sono nati?! chi li ha inventati?! tornano mbuti a Lo sapevate? Sapevatelo, su rieducational channel!

    scherzi a parte, vedrò di procurarmelo…

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