Che poi uno ti chiede: perché fai quello che fai? La risposta viene sempre da sola. Atterri in Svezia e, per andare in hotel, prendi un taxi il cui conducente riconosce subito che sei italiano e, manco a dirlo, inizia a parlare di pallone. Non senza aver decantato prima le lodi della cucina italiana – “noi qui abbiamo belle donne, però da voi ci sono belle città e buon cibo”. Vabbè. Che poi emerge che il taxista è milanista. Ok, evito di ricordargliene la proprietà. Però poi mostra di conoscere qualsiasi cosa del calcio italiano, anche le partite di quel giorno, per dire, che tu nemmeno vai oltre la tua squadra. Per non parlare dei massimi bomber del campionato ancora in attività – Totti, Inzaghi, Del Piero. E poi: Ibra è forte e svedese, però è una diva. Così finisci a ricordare Liedholm, lo scudetto dell’83, le sue vigne e Svezia ed Italia sembrano più vicine. (Versione per laziali: finisci a ricordare Eriksson, lo scudetto del 2000 ecc. ecc.).
Che poi uno ti potrebbe dire: vabbè, stai generalizzando, hai solo trovato un caso fortunato. Però poi il giorno dopo passi tante ore – sotto la neve nei mercatini di natale, cosicché la festa la senti davvero – insieme a un’amica che non vedevi da più di cinque anni. Che, nel frattempo era stata a Roma – ah, che bella Roma! – e anche per lavoro vicino Trapani – ah, che bella la Sicilia! – e Svezia ed Italia sembrano ancora più vicine. Troppo, così te ne vai in Finlandia, sperando che qualcuno parli un po’ male del tuo paese.
E invece no, due taxisti su tre ci sono stati negli ultimi mesi e giusto uno dei due ha il coraggio di dire che d’estate a Roma fa un po’ troppo caldo. Però è bella. Ma sarà sempre un caso; ti chiedi: ma possibile che quel paese allo sfascio risulti ancora così affascinante? Mah, sarà l’onda lunga dell’impero (quello romano, eh: cosa vuoi che siano una ventina di secoli, nell’eternità?). Però è sempre un caso: provinciali scandinavi con una visione distorta del paese di sole e mare. Niente amore, please!
Poi però ti ritrovi spaesato alla stazione ferroviaria di Helsinki a guardare il tabellone delle partenze e ti avvicinano due ragazzini bassi e dalla carnagione olivastra. Anche loro spaesati, che iniziano a parlare finlandese. Tu fai capire che non capisci. E allora passano all’inglese e ti chiedono se sai dove va il prossimo treno. No, mi spiace, non sono di qui. Ah, e di dove sei? Italiano, voi? Iraq. Forse fai un’espressione un po’ di paura e di rimorso. Mentre li saluti, già di spalle, uno dei due ti fa: I love Italia.
In sintesi c’è qualcosa che non capisci, sul perché si continui ad amare l’Italia. In compenso capisci perché fai quel che fai: per trovarti a parlare inglese alla stazione di Helsinki con due iracheni che, loro sì, sanno parlare anche il finlandese. E che, comunque sia, love Italia.
[Claudio Cozza]
Questo articolo è apparso anche sul blog aWalkOnTheWildSide:
http://fbogliacino.blogspot.com/2010/12/e-comunque-i-love-italia.html