L’era la Callas

Il Betto non è mai stato giovane e nemmeno vecchio. Faceva – chissà ora che fa – il biciclista. Sì, quello che aggiusta le biciclette. Cento lire una capsula per la ruota, cinquecento per pezzare una camera ad aria, settecento per un copertone. Il suo negozio ero un buco fatto di viti, cacciaviti, chiavi inglesi, martelli, morchia. Aveva una voce da Basso, intonatissima e una scodella di vino sempre mezza piena nell’osteria di fronte. Osteria da Lino. Era certo che non si fosse mai mosso dalla città, ma erano altrettanto famosi i suoi viaggi.
– ‘Na volta a son ste a Parigi. ‘Na matenna prest, sarà ste sinc or, vaga a magner ‘na supa ad sigoli a Les Halles, ghet present Les Halles? Beh, mo le miga vera che ven dentor ‘na siora. Bella, avvolta in una pelliccia, tuta profumeda. Mi, tir su la testa dal piatt e dig “Mo Maria, mo co’ fet chi?”
– “Bettino, mio amore”, Ragass, l’era la Callas.

[L’era la Callas in “La rivoluzione è una suora che si spoglia”, Mario Vighi, BFS Edizioni, 2009]

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