La prima azione di governo

Il mondo, a nove anni, è una cosa strana, incomprensibile.

Nel 1963, a 35 anni, Maurice Sendak ha capito che il mondo, a nove anni, è un paese dei mostri selvaggi.

Gli è bastato mettersi nei panni di un bambino. Un bambino che, dopo averne combinate “di tutti i colori, e anche peggio” viene chiamato “mostro selvaggio” dalla madre e spedito a letto senza cena.

La punizione è incomprensibile. A nove anni qualunque punizione è incomprensibile. Un’ingiustizia, a nove anni, può scatenare una rabbia furiosa. E una rabbia furiosa, a nove anni, può trasformarsi nella più incredibile delle avventure.

Max, il bambino creato da Maurice Sendak, ha bisogno di un mondo in cui la rabbia possa esprimersi senza censure.

È una grande intuizione: libera da costringimenti educativi la rabbia diventa immaginazione anarchica, libertà di pensiero.

Ecco perché Max, vestito da lupo, salta su una barca a vela (cosa ci fa un barca a vela dietro casa? e cosa importa?) e prende il largo. È un attimo. Approda in un mondo abitato da gigantesche creature affamate, terrorizzate dal fantasma della tristezza, che “ruggiscono terribilmente, digrignano terribilmente i denti, roteano tremendamente gli occhi e mostrano gli artigli orrendi” (Sendak).

Una semplicità narrativa disarmante che rende la favola imperfetta ed immensa. Imprevedibile e sublime, senza connessioni logiche, sempre in divenire, capace di alternare bosco, deserto e mare senza ansie di plausibilità.

Senza alcun dubbio, l’isola rappresenta tutto ciò che un ragazzo possa desiderare nelle proprie fantasie: la libertà di correre e gridare, di costruire e distruggere e di lanciare gli oggetti il più lontano possibile. Soprattutto, rappresenta tutto ciò che un ragazzo desideri fare, senza nessuno che gli dica che non può” (Jonze).

Come dovrebbe essere il mondo di un bambino costretto a fare i conti con il proprio entusiasmo e la propria solitudine? Così: un mondo di enormi pupazzi che ruggiscono terribilmente.

Questi pupazzi, creature selvagge, rissose, traditrici, doppiogiochiste, disadattate, vedono per la prima volta un bambino e gli domandano: Cosa sei? Lui risponde: un re. Gli credono. Allora lui decreta la prima azione di governo: il putiferio.

In un certo senso, è un film d’azione con un protagonista di nove anni. C’è una grande baraonda tutt’intorno, come zolle di terra che volano in aria e scorribande nella foresta” (Jonze).

Però non è facile governare un mondo come quello: c’è una ridda selvaggia che minaccia di mangiarti per amore. Non è facile conciliare le pulsioni anarchiche della propria fantasia con legittime aspettative di felicità. Ma questo non impedisce a Max di provarci, anzi: grazie all’assenza degli adulti e alla voglia di sperimentare tutto ad ogni costo, intuisce il confine tra giusto e sbagliato, lecito e vietato, agire selvaggio e agire sociale.

L’aggressività non è distruttiva in sé, diventa distruttiva quando rifiuta di riconoscere la solitudine dell’altro, di mettersi nei panni dell’altro, dentro l’altro, accogliere quella solitudine a costo di farsi divorare.

Il mondo, a nove anni, è una cosa strana. Incomprensibile. Forse per questo, a nove anni, è così facile mettersi nei panni di un altro, di un lupo, di una creatura selvaggia.

Mauro Orletti

[Maurice Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Adelphi 2018]

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