L’occhio si spense e non vide mai più

Secondo la tradizione celtica, nel passaggio dalla vita alla morte l’anima abbandona il corpo sotto forma di ape.

L’ape vive in comunità ordinate ma nascoste, produce una sostanza “miracolosa”, il miele, trasformando i fiori in nutrimento. Per questo è un insetto liminale, associato all’aldilà. È poi noto che le popolazioni celtiche consumavano idromele, bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del miele in acqua, e che questa bevanda aveva un forte valore simbolico: nell’altromondo l’idromele scorreva senza mai esaurirsi, non provocava ubriachezza, induceva uno stato trascendente di ordine e armonia. Lo stesso ordine e la stessa armonia osservabili all’interno di un alveare.

Nel corpus delle leggi gallesi del re Hywel Dda (IX–X secolo), di ispirazione cristiana, si legge: «L’origine delle api è dal paradiso e di là sono venute a causa del peccato dell’uomo; e Dio ha conferito loro la sua grazia, e quindi la messa non si può cantare senza la cera», a riprova del fatto che il simbolismo dell’ape sopravvisse anche nell’ultima parte dell’Alto Medioevo irlandese.

Risulta quindi facilmente spiegabile la leggenda sul modo in cui le api arrivarono in Irlanda, merito – guarda caso – di un santo il cui nome ricorda quello degli eroi delle saghe nordiche: Domnoc figlio di Saran, nipote di Tigernact, della dinastia degli Uí Néill. Nel VI secolo d.C. Domnoc lasciò l’Irlanda per praticare il sacerdozio come discepolo di San Davide di Mynyw (Menevia) in Galles. Qui, in un luogo allora noto come Glyn Rhosyn sulle rive dell’Afon Alun (nell’attuale Pembrokeshire) si dedicò all’apicoltura, producendo miele e cera per il monastero di Mynyw (oggi Tyddewi). Quando Domnoc decise di tornare in patria, le api, nonostante ripetuti tentativi di dissuasione, lo seguirono in un grande sciame, salparono con lui e sbarcarono miracolosamente in Irlanda.

Eppure, sebbene le api rappresentassero un modello di lavoro cooperativo volto al bene comune e di armonia sociale, nel VII secolo l’isola è frammentata in una miriade di regni locali, in lotta fra loro, sui quali domina la figura dell’Alto Re. La dinastia più potente è quella degli Uí Néill, la stessa di Domnoc. A contrapporsi a questa egemonia sono i re della provincia dell’Ulster, originariamente loro alleati. Uno di loro, in particolare, desidera sgominarli per diventare, a sua volta, Alto Re d’Irlanda. Si chiama Congal, detto Cáech o Cláen(ossia il Guercio), figlio di Scandal Sciathlethan, nipote di Fiachnae mac Báetáin, Re dell’Ulster orientale. Le fonti sulla vita di Congal sono per lo più basate sugli Annali dell’Ulster e sugli Annali di Tigernach.

Appare per la prima volta nei documenti nel 628 d.C., quando uccide Suibne Menn del casato di nEógain, degli Uí Néill del Nord, presunto Alto Re d’Irlanda. Questo omicidio apre la strada a Congal per diventare re degli Ulaid ma, al tempo stesso, porta Domnall mac Áedo, figlio di Áed mac Ainmuirech, del casato di San Columba di Iona, al comando degli Uí Néill del Nord. La loro rivalità, inizialmente contenuta attraverso accordi e arbitrati ecclesiastici, si trasforma in aperta ostilità quando Congal, indiscutibilmente dotato di capacità tattiche e carisma da condottiero, dichiara di voler diventare Alto Re.

Domnall mac Áedo, Re degli Uí Néill del Nord, la nemesi di Congal, è poco presente nelle cronache. Sappiamo però che è molto bravo a coltivare alleanze, a tessere un’accorta rete di rapporti con parenti più o meno prossimi, nobili di ogni rango e perfino monaci. In ogni monastero Domnall vede una fortezza dello spirito, in ogni druido un potenziale nemico, in ogni poeta un utile strumento di propaganda.

Nella saga Fled Dúin na nGéd si racconta di un affronto subito da Congal durante la festa di Dún na nGéd. Anche gli Annali dell’Ulster e gli Annali dei Quattro Maestri, parlano dell’umiliazione di Congal e della rottura definitiva del rapporto con Domnall. I particolari dell’offesa, ossia il ferimento di un occhio e la conseguente cecità, risalgono a tradizioni più tarde. Queste cronache lo descrivono come un sovrano “mancante”, inadatto al ruolo di Alto Re.

Al Trinity College di Dublino, oltre al celeberrimo Libro di Kells, anche noto come Grande Evangeliario di san Columba (lo stesso san Columba di Iona della dinastia degli Uí Néill), si conservano gli Annali dell’Ulster, gli Annali dei Quattro Maestri e il trattato giuridico altomedievale Bechbretha (datato alla metà del VII secolo). Il testo serve a disciplinare la proprietà delle api e degli alveari, i diritti sul miele, l’indennizzo per punture di api, le dispute sulla migrazione degli sciami, i diritti di vicinato legati all’apicoltura, i doveri del proprietario dell’alveare. La parte relativa alla puntura delle api è particolarmente interessante. Qui, infatti, scopriamo in che modo viene accecato Congal: «Si stabilì questa legge da parte del popolo libero e dei Féni circa le api per Congal Cáech, il quale fu colpito in un occhio da una delle api, e così si giudicarono le pene relative alle api». L’ape appartiene a un alveare di proprietà di Domnall mac Áedo. Il diritto irlandese antico raramente affronta casi che coinvolgono personaggi storici e, pertanto, quello di Congal Cáech è un’eccezione estremamente interessante.

La saga della Cath Maige Rath (battaglia di Mag Rath) fornisce una versione compatibile con il Bechbretha: «Mentre Congal sedeva al banchetto presso Domnall, una piccola ape volò dalla porta della sala. Essa si posò sul suo occhio destro e lo punse, così che l’occhio gli si riempì di sangue. Quando il sangue si fu rappreso, l’occhio si spense e non vide più. I druidi e i giudici dissero allora che un uomo non perfetto di corpo non poteva essere re supremo d’Irlanda. Udito ciò, Congal fu colmo di vergogna e ira e si alzò dal banchetto. Disse che mai più avrebbe dato obbedienza a Domnall, e che avrebbe raccolto ogni alleato possibile per reclamare ciò che riteneva suo diritto». Congal, dunque, si ribella e da lì scossa la scintilla che porta alla battaglia di Mag Rath. Questa battaglia, avvenuta nel 637 d.C., è una delle più documentate del primo medioevo irlandese. La relativa saga viene composta probabilmente tra il X e il XII secolo.

Anche le api possono essere coinvolte in feroci battaglie. Quando pericolosi nemici mettono a rischio la sopravvivenza dell’alveare, sanno organizzare una difesa altruistica e cooperativa, ragionando come un esercito ben addestrato anziché come singoli soldati. Per farlo hanno collaudato raffinate strategie in cui la coordinazione ha un ruolo decisivo. Spetta alle operaie, dotate di ottimo senso olfattivo, riconoscere intrusi e predatori. A quel punto emettono feromoni d’allarme in grado di mobilitare altre api e ingrossare le linee di difesa. Le api si muovono in gruppo, circondando il nemico e, in taluni casi, formando una palla termica attorno al suo corpo. Vibrando i muscoli possono generare calore e aumentare la temperatura fino a uccidere l’intruso. In altri casi ricorrono al pungiglione, con cui trafiggono l’avversario e lo trascinano via dall’alveare. Spesso, dopo aver punto, le api muoiono, ma la colonia sopravvive grazie alla forza collettiva.

La battaglia di Dún Ceithirn del 629 d.C. (avvenuta nella moderna contea di Londonderry) è la prima in cui affrontano Domnall mac Áedo e Congal Caech. Il primo ha la meglio e il secondo deve fuggire dal campo di battaglia. Cerca sostegno presso i Britanni, i Pitti e gli Scoti, nel tentativo di raccogliere un esercito abbastanza grande da permettergli di reclamare il trono. Quando si sente pronto ad affrontare il rivale, Congal guida una coalizione molto ampia. Il suo esercito sbarca vicino a Dunseverick. Intende marciare verso sud, alla volta di Tara. Domnall, nel frattempo, dopo aver radunato il suo esercito a Tara, marcia verso nord sulla High King’s Road. Lo scontro fra i due eserciti, composti da circa 50.000 uomini per parte, avviene a Moira.

La battaglia dura vari giorni, forse una settimana, forse più. Non è facile, nel vivo della lotta, capire da che parte penda la bilancia. Tuttavia, quando gli uomini di Congal fuggono verso i boschi di Killultagh, l’esito di Cath Maige Rath diventa chiaro.

Il Re dell’Ulster orientale, CongalCáech, figlio di Scandal Sciathlethan, nipote di Fiachnae mac Báetáin, giace sul campo di battaglia. Un’ape lo ha condotto fin lì. E sempre un’ape, secondo la tradizione celtica, è la forma assunta dalla sua anima nel passaggio dalla vita alla morte.

Mauro Orletti

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