Siřem è un piccolo villaggio a ovest di Praga, nella regione di Ústecký kraj. Agli inizi del Novecento è noto con il nome tedesco di Zürau. Lì, tra il 1917 e il 1918, Franz Kafka, affetto da tubercolosi, viene ospitato dalla sorella Ottla. È un periodo sereno, nonostante la malattia, che lo stesso Kafka, nei suoi appunti, descrive come uno dei più felici: «Ricorda» scrive rivolgendosi a se stesso «che quegli otto mesi trascorsi in un villaggio, circa due anni fa, sono stati forse il periodo più felice della tua vita — di cui non hai davvero parlato con nessuno. Rifletti a fondo sul perché».
Durante il soggiorno Kafka appunta i propri pensieri su un centinaio di foglietti numerati. Verranno pubblicati postumi con il titolo: “Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via”. Probabilmente più nota è la versione intitolata: “Aforismi di Zürau”. Uno di questi aforismi dice: «Questa vita appare insopportabile, un’altra irraggiungibile. Non ci si vergogna più di voler morire; si chiede di essere portati dalla vecchia cella, che si odia, in una nuova, che presto si imparerà ad odiare».
Qualche mese prima di partire per Zürau, in aprile, sul quotidiano Prager Tagblatt compare un articolo che racconta di uno spettacolo di varietà che ha per protagonista uno scimpanzé: Konsul Peter. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, sui manifesti pubblicitari di fiere itineranti, teatri di varietà e arene dei circhi compare spesso uno scimpanzé in giacca e cravattino. Il nome di questo scimpanzé è sempre Konsul ma, nella realtà, l’animale non è mai lo stesso.
Fra tutti gli scimpanzé in giacca e cravatta, Konsul “der Große” (Consul “il Grande”) è il primo a farsi un nome nell’avanspettacolo. Acquistato nel 1893 per i Belle Vue Zoological Gardens di Manchester, diventa famoso perché capace di indossare vestiti, bere whisky e fumare la pipa. Muore l’anno dopo ma non importa, la sua parte può essere recitata da un altro scimpanzé: Konsul II. Alle abilità dell’originale, la nuova attrazione aggiunge la capacità di andare in triciclo e, contemporaneamente, suonare il violino.
Nello stesso periodo, dall’altra parte dell’Atlantico, Frank Bostock, più tardi conosciuto come “The Animal King”, si fa le ossa come addestratore di leoni e canguri pugilatori. I suoi spettacoli hanno un tale successo da metterlo in concorrenza con il magnate e commerciante di animali esotici Carl Hagenbeck.
Il nome della famiglia Hagenbeck compare nel racconto di Kafka “Una relazione per un’accademia”, scritto nella primavera del 1917, appena prima della partenza per Zürau.
«Io sono originario della Costa d’Oro. Per sapere come venni catturato, debbo rifarmi a testimonianze altrui. Una spedizione di caccia della ditta Hagenbeck – con il cui capo vuotai in seguito diverse bottiglie di buon rosso – una spedizione di caccia era dunque appostata nella macchia lungo il fiume, quando, una sera, m’accostai a bere col mio branco». La voce narrante appartiene a un animale, nello specifico a uno scimpanzé, che si rivolge ai signori dell’Accademia in occasione di una conferenza scientifica.
Ebbene, quando il grande rivale di Hagenbeck, Frank Bostock, torna in Inghilterra è ormai pronto a sfoderare il suo asso nella manica: lo “Scimpanzé umano”, naturalmente chiamato Consul. Il numero del primate consiste nel mangiare con coltello e forchetta, lavarsi i denti, pettinarsi con la riga in mezzo, giocare a football, fumare sigarette, bere whisky. Consul, lo “Scimpanzé umano”, muore di bronchite, a Berlino, nel 1904. Visto il successo, molti altri Consul sono pronti a prenderne il posto e, per conseguenza, un esercito di cacciatori si mette a lavoro per catturare gli scimpanzé. Uno di questi cacciatori intrappola, in Senegambia, l’ennesima scimmia dalle doti eccezionali: Consul Peter. La stessa di cui scriverà il quotidiano Prager Tagblatt.
Intanto, a cavallo fra il 1907 e il 1909, Consul Peter si esibisce nelle principali capitali europee. Poi, a bordo del transatlantico Philadelphia, arriva a New York e da qui si sposta a Newport, Buffalo, Pittsburgh, Boston (dove visita l’Università di Harvard) e Detroit (ospite dell’Università del Michigan).
Anche lo scimpanzé del racconto di Kafka è dotato di talenti eccezionali. Ragiona, parla, riflette sulla propria condizione: «La tranquillità che mi ero guadagnata fra questa gente mi trattenne innanzitutto da ogni tentativo di fuga. Ripensandoci oggi mi sembra che avevo almeno il presentimento che avrei dovuto prima o poi trovare una via d’uscita, se volevo vivere, ma che tale via d’uscita non si raggiungeva con la fuga».
Mentre Consul Peter miete successi negli Stati Uniti, nel Kenya sudoccidentale un cercatore d’oro si imbatte in un fossile molto particolare, il primo appartenente a un mammifero dell’Africa subsahariana. Si tratta della mascella di un primate antico che il paleontologo Arthur Hopwood battezza Proconsul,cioè, prima dello scimpanzé Consul, evidentemente consacrato come celebrità internazionale.
Anche le accademie, a quel punto, si interessano alle straordinarie capacità di Consul Peter. Il celebre psicologo Lightner Witmer, dell’Università della Pennsylvania, ha modo di assistere a una performance dello scimpanzé al Keith’s Theatre di Boston e ne resta affascinato. Chiede e ottiene di poterlo sottoporre a studi clinici. Il risultato sarà una relazione accademica dal titolo: “A Monkey With a Mind” (“Una scimmia con un cervello”). Esce anche un articolo sul New York Times in cui Witmer afferma: «lo scimpanzé può dirsi educato in senso stretto e ha la capacità di ragionare… Peter, nelle giuste condizioni, potrebbe imparare a leggere, scrivere e parlare».
La scimmia del racconto di Kafka ha imparato a leggere, scrivere e parlare: «Spararono; io fui l’unico a essere colpito; mi raggiunsero due colpi. Uno nella guancia; questo era lieve; mi lasciò però una grossa cicatrice rossa spelacchiata, che mi è valsa il nome di Rotpeter, un nome che odio, del tutto inappropriato, che sembra proprio inventato da una scimmia, come se solo questa macchia rossa sulla guancia mi distinguesse da quella scimmia addomesticata che chiamano Peter, crepata di recente, famosa soltanto qua e là».
La scimmia addomesticata che chiamano Peter arriva a Dayton, in Ohio, nel 1910. Qualche anno dopo, un inventore di nome William Henry Robertson si presenta allo sportello dell’ufficio brevetti di Dayton con due progetti: un giocattolo e un dispositivo per il calcolo. Il giocattolo, brevettato il 27 giugno 1916, viene commercializzato col nome: “Consul the Educated Monkey” (“Consul la scimmia istruita”). Sulla confezione si legge: «Insegna la tavola pitagorica completa. Insegna la tavola addizionale completa. Può sommare, sottrarre, moltiplicare, dividere o fattorizzare numeri elementari». Il giocattolo è composto da una piastra stampata con una tabella numerica, alla quale è attaccata una scimmia di metallo smaltato. La scimmia indossa giacca e cravattino, come quella che compare sui manifesti pubblicitari di fiere itineranti, teatri di varietà e arene dei circhi.
Nel racconto “Una relazione per un’accademia”, Rotpeter, cioè Peter il Rosso, fa un diverso genere di calcoli: «Non calcolavo come un uomo, ma sotto l’influsso di chi mi circondava mi comportavo come se avessi calcolato. Non calcolavo, ma osservavo in tutta tranquillità. Guardavo questi uomini andare su e giù, sempre le stesse facce, gli stessi movimenti, a volte mi sembrava che fosse sempre lo stesso uomo. Quest’uomo o questi uomini camminavano dunque indisturbati. Intravidi, come per ispirazione, un superiore obiettivo». L’obiettivo intravisto dallo scimpanzé consiste nel diventare uomo.
Nella seconda metà del 1913 Consul Peter si esibisce anche a Praga. I giornali del tempo lo presentano come “la scimmia delle meraviglie”, “l’anello mancante”, “lo scimpanzé delle accademie” (l’università di Harvard, quella del Michigan, ecc…). La notizia attira l’attenzione di molti, anche di un impiegato dell’Istituto di Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro del Regno di Boemia cioè, appunto, Franz Kafka. Che, qualche anno dopo, scrive una “Una relazione per un’accademia”, ossia la storia di uno scimpanzé catturato dalla ditta Hagenbeck, ferito al volto, chiuso in gabbia, addestrato a scimmiottare i comportamenti umani. Ma Rotpeter, Peter il Rosso, non si arrende a quella condizione e sceglie un’incredibile via di fuga: diventare umano a tutti gli effetti.
E in che modo Peter il Rosso vede l’uomo? «Non ragionavo, ma osservavo con tutta la calma. Vedevo uomini andare e venire: sempre gli stessi volti, gli identici movimenti; mi pareva spesso che fosse uno solo». Allora, quando dice di aver raggiunto «il livello culturale di un europeo medio», si riferisce al fatto di aver imparato a fumare, sputare e bere alcol. Insomma, agli occhi di Peter il Rosso la specie umana appare tutt’altro che evoluta. «Era così facile imitarli!», dice.
Come dargli torto? Fumare, bere, sputare sono azioni che non richiedono pensiero razionale né particolari virtù morali. Per lo scimpanzé, in definitiva, la nuova condizione umana non rappresenta una nuova libertà, solo un’altra gabbia.
Lo stesso anno in cui vede la luce “Una relazione per un’Accademia” viene pubblicata “L’intelligenza nelle scimmie antropoidi”, risultato degli esperimenti condotti su scimpanzé e altri primati dallo psicologo Wolfgang Köhler. Esattamente come Pietro il Rosso, gli scimpanzé studiati da Köhler vengono addestrati, cioè in qualche modo umanizzati. Ma le analisi condotte su di loro dimostrano che, nel migliore dei casi, l’addestramento può condurli a una condizione tutt’altro che invidiabile di esseri umani «con difficoltà di linguaggio e grave ritardo mentale».
Che poi è il modo in cui Pietro il Rosso giudica gli esseri umani che ha intorno, le maestranze della ditta Hagenbeck e i signori dell’Accademia. Il superiore obiettivo che crede di aver intravisto, in realtà, non è una via di fuga e non coincide in alcun modo con l’idea di libertà. È solo un’altra cella, che presto si imparerà a odiare.
“Una relazione per un’accademia” viene pubblicato per la prima volta nel 1917 dalla rivista Der Jude e, nel 1919, nella raccolta intitolata “Un medico di campagna”. Nel mentre, a Zürau, in quello che considera uno dei periodi più felici della sua vita, di cui non ha davvero parlato con nessuno, Kafka scrive il seguente appunto: «Questa vita appare insopportabile, un’altra irraggiungibile. Non ci si vergogna più di voler morire; si chiede di essere portati dalla vecchia cella, che si odia, in una nuova, che presto si imparerà ad odiare». Qualche anno anno dopo, a causa delle tubercolosi, viene ricoverato in un sanatorio di Kierling, nei pressi di Vienna, dove muore il 3 giugno 1924.
