238 al mese, 8 al giorno, 1 ogni tre ore

Milioni di bisonti hanno abitato le pianure del Nordamerica, in mandrie enormi hanno calpestato antichi sentieri migratori alla ricerca di zone di pascolo. Eppure, alla fine dell’Ottocento, tra Wyoming, Montana e Idaho ne restano solo ventitré. Non uno di più, non uno di meno. A spingere questi possenti erbivori sull’orlo dell’estinzione contribuiscono diversi fattori, tra questi il fattore più importante è l’uomo, tra gli uomini il più famoso è Buffalo Bill.

Buffalo Bill all’inizio non è Buffalo Bill, è un semplice cacciatore di nome William Cody. Semplice forse è un po’ riduttivo: prima di diventare cacciatore per la Union Pacific Railroad ha avuto un passato da preparatore di trappole per castori, staffetta porta-ordini, corriere a cavallo del Pony Express e soldato unionista nella Guerra di Secessione. Si dice che abbia ucciso il primo indiano a undici anni, con un fucile ad avancarica.

La Union Pacific Railroad, la società che sta realizzando la ferrovia che collegherà New York a San Francisco, ha bisogno di cacciatori specializzati per abbattere bisonti e sfamare gli operai che lavorano alla posa dei binari. Uno di questi cacciatori, poco più che ventenne, è appunto William Cody. Buffalo Bill non esiste ancora o, meglio, non esiste quello che oggi è universalmente noto come Buffalo Bill. Ce n’è un altro, però, che porta quel soprannome. Si chiama William Comstock ed è lui, in un certo senso, il Buffalo Bill originale. Ha quattro anni più dell’altro, è equilibrato e taciturno, ottimo cacciatore, scout di fiducia dell’esercito e guida ufficiale del VII cavalleria al comando del generale Custer.

I due William non si conoscono ma la questione del soprannome li mette uno sulla strada dell’altro. Un giorno William Cody si vanta di aver abbattuto 4.282 bisonti in diciotto mesi: una media di duecentotrentotto al mese, otto al giorno, uno ogni tre ore.

– Se sei così bravo ad ammazzare bisonti, gli dicono gli altri cacciatori, perché non ti fai chiamare Buffalo Bill?

Qualche tempo dopo, vicino all’attuale Kansas City, William Cody e William Comstock accettano di giocarsi il soprannome in una battuta di caccia di otto ore. La tattica di Comstock prevede una carica da dietro: i bisonti si danno alla fuga e quelli più lenti vengono abbattuti dal suo fucile a ripetizione. Quarantotto in tutto. Cody sceglie una strategia diversa: attacca i capi mandria, fa sbandare quelli che seguono e poi, uno per volta, li centra col suo Springfield. Risultato finale: sessantotto.

È così che il Buffalo Bill originale perde il soprannome e diventa il falso Buffalo Bill mentre il Buffalo Bill di rimpiazzo vince la sfida e diventa il vero Buffalo Bill, anche se non è l’originale. È il 1867 ed ha appena passato i vent’anni.

Di lì a poco conosce lo scrittore Ned Buntline, che decide di trasformare William Cody nell’eroe di un suo romanzo e, successivamente, nel protagonista di un’opera teatrale: “Scouts of the prairie”. In scena, con giacca a inserti dorati, camicia scarlatta, pantaloni di velluto nero bordati da campanelle d’argento compare lo stesso William Cody, cioè il vero Buffalo Bill, anche se non l’originale. Poi, senza cambiarsi d’abito, scende dal palco e lavora come scout dell’esercito, guida della Pacific Railway e organizzatore di cacce al bisonte.

Siamo già negli anni Settanta dell’Ottocento, periodo attraversato da una tremenda crisi economica. Perciò, siccome per abbattere un bisonte sono sufficienti un cavallo e un fucile, il numero dei cacciatori aumenta esponenzialmente. Con armi di media qualità possono ammazzarne anche cinquanta a testa. Ogni giorno. Li macellano sul posto e lasciano le carcasse a marcire nelle praterie. Nelle città, invece, le pelli si vendono a fatica e quelle avanzate formano mucchi alti come palazzi. Ma più ne ammazzano, più il prezzo delle pelli scende. Più il prezzo scende, più ne ammazzano.

Il Congresso prova a fermare la strage con una legge apposita ma il presidente Ulysses S. Grant rifiuta di firmarla. Sa bene, infatti, che distruggere le mandrie significa risolvere alla radice il problema dei nativi. Gli indiani d’America, infatti, vivono al seguito dei grandi erbivori, che garantiscono pellicce da vendere e carne da mangiare. Senza di loro non hanno né pellicce da vendere né carne da mangiare. Così, mentre le mandrie spariscono, gli indiani devono spostarsi verso le pianure meridionali. Chi non ce la fa è costretto a entrare nelle riserve. Però Lakota Sioux, Cheyenne e Arapaho non si rassegnano, formano un’alleanza e affrontano l’esercito degli Stati Uniti nella leggendaria battaglia del Little Bighorn. È il 25 giugno 1876.

In quei giorni Buffalo Bill viene richiamato dall’esercito per dare manforte come capo scout. Cavallo Pazzo e Toro Seduto, infatti, minacciano le compagnie di Fort Fetterman. È il momento di mostrare i muscoli evitando, se possibile, uno scontro sanguinario. Allora si trova un accordo: Buffalo Bill affronterà il guerriero Cheyenne Mano Gialla in un corpo a corpo presso Warbonnet Creek. Mano Gialla è il primo a sparare ma il colpo non va a segno. Buffalo Bill, con la sua giacca a inserti dorati, la camicia scarlatta, i pantaloni di velluto e le campanelle d’argento, mira al cavallo e centra il bersaglio. Col nemico a terra non è difficile avere la meglio e poi, per vendicare Custer, ucciso con i suoi uomini a Little Bighorn, gli prende lo scalpo. Una vittoria divenuta leggendaria ed evocata, più tardi, nel Buffalo Bill Wild West Show.

Per quanto assurdo, mentre i bisonti spariscono per sempre e le praterie diventano una distesa di carcasse dall’insopportabile odore di marcio, quattro treni e cinquantuno vagoni portano in tourneé cowboy, acrobati, pistoleri, ex soldati, guerrieri indiani, cavalli, mucche e perfino gli ultimi, rarissimi, bisonti. È il variopinto circo di Buffalo Bill.

Secondo stime recenti nel Nordamerica vivono oggi cinquecentomila bisonti. A salvarli dall’estinzione, a inizio Novecento, è un piccolo gruppo di allevatori. Catturano l’ultima mandria in libertà, una ventina di individui, e la spostano in un’area protetta: l’attuale Parco Nazionale di Yellowstone.

Invece nessuno può salvare gli eroi del west dall’estinzione. L’11 novembre 1916 Buffalo Bill fa il suo ultimo spettacolo: è vecchio, alcolizzato, miope e senza capelli. Indossa una parrucca e non è in grado di salire a cavallo da solo. Giacca, camicia, pantaloni e campanelle sono sempre le stesse ma Buffalo Bill non è più Buffalo Bill. E il west non è più il selvaggio west. I bisonti hanno abbandonato le pianure. Lo show, finalmente, può chiudere i battenti.

Mauro Orletti

Lascia un commento