Riprendiamoci! Ma cosa?

I fatti inseguono le parole. Avevo scritto dei trentenni bamboccioni, sulla scia del ministro. Avevo scritto di un film. Adesso esce un film (“Riprendimi” di Anna Negri, figlia di Toni) sui trentenni bamboccioni e irresponsabili. Natalia Aspesi ci perde pure tempo ed inchiostro su Repubblica. Questa volta il film non lo vado a vedere, nemmeno per criticarlo. Il fatto è che ogni pur buona intenzione – seppure di buona si tratta, visto che lo produce Francesca Neri e questo non fa presagire bene – viene ormai stritolata dall’impostazione concettuale della borghesia dominante. Si parla di precarietà di sentimenti, delle difficoltà di portare avanti coppie e figli. Di lavori precari e “moderni”, di sesso che ci sta sempre bene… La realtà delle cose, si potrebbe dire. Ma non è quello. Il fatto è che ormai questa generazione di trentenni – sarà che sono più vecchio… – non può che specchiarsi nell’immagine di sé che i modelli mediatici dominanti (tutti, senza dover nominare per forza internet o la televisione) hanno per loro preconfezionato. Che poi è l’oggetto di quel film, a leggerne la trama: bene? No, male! Anche con le migliori intenzioni, si continua a parlare e far parlare solo di questi stereotipi borghesi decadenti. Come se la realtà potesse essere solo questa. La realtà E’ questa ma non si può continuare a invischiarcisi, piangendosi addosso ma accettando di fatto di rimanere nel labirinto costruito per gli espropriati delle scelte. Perché un semplice lavoratore è e rimane un soggetto cui – da solo – è stata tolta ogni possibilità di azione; che – per lottare – può soltanto costruire qualcosa insieme ad altri.
Invece il labirinto borghese ha sempre più pareti con affissi quadri di coppie in crisi, di fughe in Alaska, di irresponsabilità. Quadri per giunta dipinti da chi dovrebbe stare dall’altra parte! Cosicché ogni parola rivolta altrove – alla responsabilità e alla costruzione – deve essere sempre più urlata, facendo perdere progressivamente la voce a chi ci prova. Che, come l’uomo col megafono di Silvestri, alla fine non può che mettersi in competizione con gli altri e, di conseguenza, inibirsi ogni possibilità di costruire insieme a loro. Ecco le nuove pareti del labirinto: una canzone, un film che descrivono semplicemente la realtà. Sembrano utili ma non fanno che rinforzare quegli stereotipi che oramai ci schiacciano e ci fanno perdere la maggior parte del tempo a pretendere di tappare i buchi della realtà. Peccato che la macchina per fare i buchi continui ad averla la classe capitalistica borghese che detiene il potere e ha bisogno di conservarselo (Fabrizio De André intervistato da Fernanda Pivano, 1971). E allora basta tappare buchi!
Non si sa mai da dove iniziare, è vero. Servirebbero due requisiti: qualcosa di materiale e originale, da costruire; e la possibilità di farlo insieme a chi, perlomeno, ha la stessa voglia e passione di fare qualcosa insieme. Allora adesso esco e vado a comprare un ingrediente per personalizzare l’amatriciana con il mio amico cuoco.
L’uomo può rappresentarsi cose che non sono reali, come se lo fossero (G. W. F. Hegel).

Walter Franklin

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