Mici belli e bamboccioni

“Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone
forse quella che sola ti può dare una lezione […]
quando incasserai delapiderai mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire micio bello e bamboccione”
Fabrizio De Andrè, La città vecchia, 1966

Come in molti hanno già fatto notare, nel settembre 2007 l’ex datore di lavoro – dal 1984 al 1997 – del ministro prof TPS (leggasi Bankitalia) ha fatto apparire sul proprio sito internet un articoletto in costruzione (leggasi working paper) in difesa dei bamboccioni. Secondo cui i giovani lavoratori di oggi hanno una busta paga del 35% inferiore a quella dei loro genitori. Più precisamente, nell’articolo denominato “The generation gap: Relative earnings of young and old workers in Italy”, i due autori-economisti mostrano come negli anni ’90 sia aumentato il divario fra il salario reale dei più giovani lavoratori e quello dei più vecchi. Cioè le retribuzioni mensili degli under-30 erano del 20% più basse di quelle degli over-30 negli anni ’70 e ’80, mentre il divario risale negli anni ’90 fino al 35% del 2004, anche a parità di livello di istruzione. Che, tra l’altro, qualcuno considera oggigiorno formalmente più elevato di quello passato: la “volgarmente-detta-produttività” passa per esempio oggi dalla rapidità di comprensione di una nuova applicazione per personal computer. Un lavoratore giovane apprende più velocemente, si rende quindi più utile al sistema e… con un salario e un accantonamento pensionistico sempre più basso (relativamente) del lavoratore anziano che gli sta a fianco.
Ma cosa si intende per questo divario? Da buoni economisti, gli autori si nascondono dietro i loro numeretti, sennò le loro funzioni non funzionano. Invece è utile notare ciò che si cela dietro alle pur realistiche (ovvie?) conclusioni dell’articolo: il divario è “il risultato di riforme parziali nel mercato del lavoro che hanno generato un mercato duale, rispetto alla dimensione età”. Riforme parziali? Ci pareva strano! Pareva assurdo che Bankitalia volesse fornire uno strumento facile in difesa di tutti quei giovani bamboccioni scansafatiche rubasoldi di papà! L’ex datore di lavoro di TPS stava solo inculcando la seguente sequenza logica:
1) il problema non sta nella perdurante crisi del sistema economico capitalistico mondiale che, oggi più di ieri, ma comunque ininterrottamente a partire dall’inizio degli anni ’70, sottrae garanzie acquisite ai lavoratori;
2) il problema è intergenerazionale: la perdita di garanzie dei giovani è causatadalle troppe garanzie dei padri. Dopotutto, le colpe dei padri…
3) non ci sarebbe problema se si potessero limare le garanzie acquisite dai vecchi… i giovani ci guadagnerebbero sicuramente (tesi tra l’altro implicita anche nell’ultimo libro di Tito Boeri o nei suoi numerosi e ridondanti articoli in rete).
Quindi, senza un briciolo di coscienza critica, ci si può solo accodare a questa insulsaggine: padri contro figli. Meglio dare agli uni o agli altri? Scusate: meglio togliere agli uni (i giovani) o agli altri (i vecchi che, è bene ricordarlo, in molti casi quelle garanzie se le sono conquistate con anni di lotta)? Meglio, in prima battuta, sottrarsi a questa ennesima finta contrapposizione! Che nasconde il fatto che per il capitale (inteso come totalità mondiale o anche, se si vuole, come parzialità nazionale: le imprese italiane e/o operanti sul territorio nazionale) ciò che conta è minimizzare il salario complessivo concesso alla classe operaia. Poi, come questo venga suddiviso al suo interno – giovani/vecchi, uomini/donne, abili/disabili ecc. – al capitale non interessa proprio.
E però non basta. Perché a furia di spurie contrapposizioni generazionali, si creano nuove contraddizioni sociali. Come biasimare, allora, i/le plurilaureati/e con precaria occupazione che di notte, collegandosi da casa di papà con l’adsl di mammà, scaricano il working paper di Bankitalia, lo leggono attentamente (?!?) e poi passano a fare una strage familiare? “Se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo”.

Walter Franklin

Questo articolo è apparso anche sul numero 121 di Contraddizione:

http://www.contraddizione.it/

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