Illuminista, giacobino e comunista

Il 24 novembre del 1969 si riunisce a Roma, in via delle Botteghe Oscure, il Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano per radiare gli eretici Aldo Natoli, Luigi Pintor e Rossana Rossanda. L’accusa è di frazionismo.

Frazionismo: favorire lo sviluppo di rivalità e scissioni all’interno di un partito. Il frazionismo è l’esatto contrario del centralismo democratico. La subordinazione dell’individuo (o della minoranza) all’organizzazione vieta in modo assoluto di minare l’unità del partito.

Dal mese di giugno Natoli, Pintor e Rossanda pubblicano un mensile, Il Manifesto, nel quale mettono nero su bianco tutto quello che non condividono del partito. Ad esempio l’appoggio all’invasione sovietica della Cecoslovacchia, l’ostilità nei confronti del movimento studentesco, l’idea di far svolgere a Mosca una conferenza dei partiti comunisti, la fretta con cui si vuole arrivare a un «compromesso» con la Dc. Eresia! Tuona Paolo Bufalini dalle pagine della rivista Rinascita, massimo esempio di ortodossia comunista. Frazionismo bello e buono! Natoli, Pintor e Rossanda vengono perciò convocati in sacra udienza davanti alle alte gerarchie del partito. Si vorrebbe convincerli a fare un passo indietro ma il tentativo non riesce. A questo punto viene investita del problema la Congregazione per la Dottrina della Fede del PCI, ossia la V Commissione del Comitato Centrale, la Commissione Disciplina. A presiederla c’è un politico di razza, Alessandro Natta, uomo di raffinata cultura, laureato alla Normale di Pisa, militante accorto, per nulla ambizioso, più propenso al dubbio che alle certezze derivanti dal dogmatismo.

Dogmatismo: accettare una verità, indipendentemente dai fatti e dalle esperienze, partendo da una serie di principi inconfutabili. Il dogmatico ha un atteggiamento intransigente che rifiuta qualunque tipo di argomento contrario alle proprie certezze.

In un certo senso è in quel momento che per la prima volta giornalisti e iscritti al PCI si accorgono di lui. Misurato, coltissimo, ha pochissimi vizi. Il fumo è tra questi: accende senza sosta le Kim, sigarette prodotte in Germania e destinate ai mercati di Polonia, Ungheria, Romania, Cecoslovacchia e Cuba. Al contrario, se è vero quel che racconta Miriam Mafai in “Addio Botteghe Oscure” – e cioè che al caffè di Vezio, dietro la sede del partito, Berlinguer ordina sempre un tè con abbondante dose di Glen Grant mentre Natta solo un bicchiere di latte – l’alcol non rientra fra i suoi vizi. In ogni caso Natta è, e resterà anche dopo, un personaggio poco interessante per giornali, tv, avversari ed elettori. Come può, in effetti, risultare accattivante un uomo che si definisce “illuminista, giacobino e comunista”?

Giacobinismo: avere un’opinione democratica esaltata, professare il repubblicanesimo ma in modo fanatico e intransigente. Atteggiamento tipicamente borghese poiché diretto al raggiungimento di obiettivi particolari anziché universali.

Naturalmente per Natta il giacobinismo è cosa diversa, sarebbe perciò d’accordo con Marx ed Engels, secondo cui il giacobino del 1793 è diventato il comunista dei giorni nostri. Essere giacobini, insomma, significa portare avanti una rivoluzione intransigente, che non può cedere al compromesso, fosse pure quello di dare voce al dissenso interno. Tant’è che, grazie ai lavori della V Commissione, gli eretici del Manifesto vengono radiati dal partito. Quasi subito, nelle manifestazioni della sinistra antagonista, si comincia a scandire lo slogan “Natta, quinta commissione, il filo nero… della repressione!”. L’antipatia, comunque, è reciproca, visto che lui considera i sessantottini degli estremisti borghesi, incapaci di elaborazioni complesse e per questo sedotti da ideologie campiste.

Campismo: pensare che il mondo si divida in due campi, quello del nemico, e cioè l’imperialismo, e il proprio, antimperialista. Se non si sta nel campo amico, allora si sta col nemico. O, all’inverso, se si è nemici del nemico, si è “oggettivi alleati” e si sta nel campo giusto.

L’allora segretario del partito, Luigi Longo, da tutti conosciuto come “comandante Gallo”, è meno ostile al movimento studentesco. Ne incontra perfino alcuni esponenti. Fra loro c’è Oreste Scalzone, che vent’anni dopo rievoca quel momento. Longo è calmo e paziente, ascolta con interesse tutto quello che viene detto, parla “in modo bonario, senza formalismi e con grande apertura”. Si serve di piattini e tazze del caffè per simulare gli scontri fra polizia e picchetti operai, spiega cosa intende per lotta contro il sistema, non usa schemi preconcetti. Insomma, il movimento continuerà a disprezzare il partito ma non il suo segretario. Natta, al contrario, non piace. Secondo la Mafai ha “un’aria disincantata e ironica da professore maligno”. Quando parla è freddo, usa un linguaggio preciso, senza sbavature, pieno di citazioni. Ne sa qualcosa uno sbigottito Onofrio Pirrotta, giornalista del TG2. A lui, che gli chiede un commento sul presunto fallimento della corsa di Sandro Pertini al Quirinale, Natta risponde: «Multa renascentur quae iam cecidere», che possiamo liberamente tradurre da Orazio: «molte cose date per morte torneranno in auge». E ha ragione. Pertini verrà eletto Presidente il 9 luglio. Evidentemente Natta sa valutare il contesto, evitando ogni soggettivismo.

Soggettivismo: interpretare la realtà in modo personale, lasciando che gli elementi soggettivi prevalgano su quelli oggettivi. Un simile approccio può spingersi fino a ridurre il mondo all’attività pensante del soggetto, arrivando così a negare anche leggi oggettive come quelle dell’economia socialista.

È forse questa dote, sommata a un totale disinteresse per la carriera, a convincere il partito – alla ricerca di un segretario di transizione – che è l’uomo giusto per sostituire Berlinguer alla guida del PCI. Intanto il mondo è cambiato. Bisognerebbe trovare una strategia vincente, capace di interpretare i nuovi bisogni degli italiani e, quindi, degli iscritti e simpatizzanti del PCI. Che non sono pochi. Dopo la morte di Berlinguer, alle elezioni del Parlamento Europeo del 1984, la DC si ferma al 32,9%, il partito comunista arriva al 33,3%. Un risultato storico. Per non perdere la fiducia dell’elettorato bisognerebbe gettare il cuore oltre l’ostacolo, aprirsi ai giovani, proporre una politica di allontanamento dall’URSS, realizzare una svolta esplicitamente pacifista ed ecologista, farsi portavoce delle questioni di genere e dei diritti civili. Non che rinunci a fare il tentativo, ma per Natta superare un certo limite vuol dire rendersi colpevole di avventurismo.

Avventurismo: Proporre o ricercare soluzioni avventate o aleatorie, assumere decisioni non precedute da una matura riflessione e di cui, perciò, non è possibile prevedere le conseguenze.

Compie uno sforzo estremo quando, il 9 gennaio 1986, va ospite di Raffaella Carrà a “Buonasera Raffaella”. A molti sembra un decisione avventata, del tutto inconcepibile visto che si parla di Natta. Ma lui, il segretario, sa bene quello che fa. Raffaella è una compagna, su questo ci sono pochi dubbi. Ha recitato nel 1963 nel film di Monicelli “I compagni”, racconto della lotta degli operai di una fabbrica tessile nella Torino di fine ‘800. Nel giugno 1977, sul numero 55 della rivista spagnola Interviù, esce un’intervista nella quale la Carrà dichiara: “Io voto sempre comunista”. Nel 1979 l’Unione Sovietica chiede alla Rai di realizzare un programma musicale con la Raffa nazionale. Nel 1980 esce il brano Torna da me.

Il videoclip viene integralmente girato nella stazione Majakovskaja, linea 2 della metropolitana di Mosca. E mentre canta al suo amore “Se son donna lo devo a te // Non ho più quel vizio malefico di far domande // Torna, torna, torna, torna, torna // (Torna con me)” il regista si sbizzarrisce nell’inquadrare particolari architettonici dell’opera di Aleksej Duškin, esimio rappresentante del classicismo socialista.

Fra l’altro in quella stessa trasmissione sono già stati ospiti il ministro della Difesa Giovanni Spadolini e il ministro della Pubblica Istruzione Franca Falcucci. Pensare che al segretario del Partito Comunista non sia permesso sedere sul divano di un programma popolare come “Buonasera Raffaella”, ritenere che non sia dignitoso presentare al pubblico un volto umano e accessibile anziché la maschera un po’ tetra del funzionario di partito, è una tendenza quanto meno settaria.

Settarismo: avere un atteggiamento di chiusura e intolleranza, non ammettere alcun allontanamento da una dottrina che rivendica il monopolio di una verità assoluta. Spesso coincide con l’identificazione con un gruppo politico ritenuto moralmente superiore a un gruppo concorrente.

Nel maggio 1988 Natta è a Gubbio, in attesa di salire sul palco dal quale terrà un comizio. Ha un malore e viene portato in ospedale a Perugia, poi a Roma. Ha avuto un mezzo infarto. Fuori dalla stanza in cui è ricoverato ci sono alcuni sanitari, una donna, molti dirigenti del partito. I quali, non avendo riconosciuto la moglie di Natta, commentano l’episodio e concludono che è ora di cambiare il segretario. Con lui, infatti, il partito non potrà rinnovarsi e sarà destinato a una progressiva dissoluzione. Non molto tempo dopo vengono chieste le sue dimissioni a favore di Occhetto. Natta, che ancora non si è ripreso del tutto, chiede di posticipare. La richiesta sembra accolta e invece, ascoltando la radio dal letto di ospedale, scopre di essersi già dimesso. Occhetto e D’Alema, artefici del siluramento, daranno una versione diversa. «Compagni» scrive il malandato ex-segretario alla direzione del partito «non vi siete comportati lealmente. C’è stato un tramestio, davanti alla mia stanza di ospedale. Quello che avete fatto per me è stato offensivo, perché erano cose del tutto non necessarie». È probabile che le motivazioni con cui è stato liquidato e le giustificazioni avanzate successivamente gli suonino come disfattismo politico e revisionismo moderno.

Disfattismo: diffondere informazioni non veritiere per deprimere l’opinione pubblica, ostacolare l’azione del partito e minare il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Revisionismo: correggere opinioni politiche correnti perché giudicate non corrette sulla base di asserite revisioni documentali.

Achille Occhetto, già vicesegretario, è il suo successore. Achille Occhetto è anche l’ultimo segretario del PCI. Il 12 novembre 1989, a Bologna, annuncia la svolta: «non continuare su vecchie strade, ma inventarne di nuove per unificare le forze di progresso». Non tutti, ovviamente, sono d’accordo. Fra questi proprio Natta che, assieme ad altri 4 dirigenti del partito, esprime il proprio NO in un documento destinato al Comitato Centrale. Occhetto commenta a caldo: nelle discussioni del partito bisogna evitare “un frazionismo che acceca”. Difficile dire se stia alludendo al processo per eresia nei confronti di Natoli, Pintor e Rossanda in cui Natta è stato pubblico accusatore. Certo fa sensazione – e sembra chiudere un cerchio – il fatto che, a quarant’anni esatti da quell’episodio, tocchi all’inquisitore vestire i panni dell’imputato.

Frazionismo: Tendenza a favorire lo sviluppo di rivalità e scissioni all’interno di un partito. Nel caso del Partito Comunista Italiano, il frazionismo è l’esatto contrario del centralismo democratico. Il divieto assoluto di minare l’unità del partito è diretta conseguenza della subordinazione dell’individuo (o della minoranza) all’organizzazione e al Comitato Centrale.

Mauro Orletti

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